Azione Francescana

AttualitàParola al Cardinale

Il Cardinal Comastri ricorda Benedetto XVI

Papa Benedetto, in un’intervista che ho memorizzato, disse: «Per me la prova più convincente della verità della religione cristiana è stata questa: vedere la bella e schietta umanità dei miei genitori che era il riflesso della bellezza di Gesù nel loro cuore e questa bellezza, questa gentilezza la si vede in tutte le persone che accolgono il Signore». Dostoevskij, un autore tanto caro a papa Benedetto, disse: «Nella storia dell’umanità è apparsa una sola persona perfettamente bella, totalmente bella, ed è Gesù Cristo; e l’apparizione di questa persona è già un miracolo e quando il cuore di una persona si apre a Gesù emerge la bellezza che ha dentro. A Michelangelo chiesero: «Ma come hai fatto a scolpire il Davide così bello?». E lui: «È stato semplice, ho tolto il marmo che c’era intorno e la bellezza è venuta fuori», e così succede quando accogliamo Gesù: viene fuori questa bellezza, questa umanità bella.

Come Arciprete, io avevo il dovere e la gioia di accogliere il papa ogni volta che veniva in Basilica. Quando mi avvicinavo alla macchina per salutare il Papa, non riuscivo mai a parlare per primo perchè appena si apriva lo sportello lui mi anticipava: «Buongiorno», e io dovevo sempre rispondere perché era lui che mi salutava. Per ben due volte mi ha chiesto: «Ma come sta? La vedo un po’ stanco, si riposi»: che delicatezza a preoccuparsi di me! Ogni volta che io scrivevo un libro glielo mandavo perché lui mi aveva detto: «Mi mandi sempre i suoi libri», e io gli dicevo: «Ma Padre Santo, lei è un grande teologo e io sono ancora un parroco», ma lui insisteva: «Me li mandi», e li leggeva. L’ultimo era il mio libro Orgoglio contro umiltà: chi vince?, e lui mi ha mandato il suo libro che raccoglieva le sue catechesi nell’anno Paolino con sopra la dedica: Con gratitudine per il suo recente libro, firmato Benedetto XVI.

Dopo le sue dimissioni che colpirono un po’ tutto il mondo, il papa lasciò il palazzo apostolico per andare a Castel Gandolfo, e lì aspettò l’elezione del nuovo successore; quando si aprì la porta dell’ascensore io ero lì e pensai: «O Dio, è l’ultima volta che lo vedo da papa». Siccome sono un po’ emotivo, mi emozionai e scoppiai a piangere e lui mi disse: «Ma perché piange?, e io dissi: «Padre Santo, sono un po’ triste…», e lui mi disse: «No no, nessuna tristezza. Noi siamo tutti servi inutili, soltanto Gesù è necessario, e Gesù tiene sempre le mani sul timone E allora nessuna paura, nessuna tristezza». Poi, passato del tempo, nel 2019 mi telefonò e mi disse: «Mi farebbe un piacere? Mi potrebbe fare la prefazione al libro che raccoglie le mie 100 omelie?». «Ma Padre Santo – risposi io – il Papa non ha bisogno di prefazione». «No, lei me la faccia», e io risposi: «Volentieri». Nella Prefazione io citai l’episodio dell’ascensore. Dopo un po’ di tempo mi rispose: «Ho appena letto la bellissima prefazione con la quale le invita alla lettura delle 100 omelie. Vorrei semplicemente comunicarle la profonda commozione che mi ha toccato nello sfogliare il libro e specialmente nella lettura della prefazione. Mi ricordo quando lei scoppiò a piangere e ricordo cosa le dissi, e lo dirò ancora: avanti con fiducia. Grazie, Eminenza».

Lui ha sofferto molto della vicenda del maggiordomo e anche in quella occasione è venuta fuori la grandezza d’animo, l’umanità di Papa Benedetto. Il maggiordomo venne processato e messo in prigione in Vaticano e Lui andò subito a trovarlo e volle che venisse subito liberato. Lo perdonò pubblicamente e non volle che venisse licenziato perché un padre di famiglia non si può mettere in mezzo alla strada. E la trasferì, cambiandogli lavoro. Che bontà mentre compiva questo gesto! Io pensavo al gesto di perdono di Giovanni Paolo II: «Perdono il fratello che mi ha sparato». Bene, questo perdono è simile a quel perdono. Era un uomo tutt’altro che debole, era delicato ma non debole. Un uomo che arriva alle dimissioni mostra grande coraggio: si rese conto che non riusciva più, lui era libero: «Non sono più capace, non ho più le forze, e quindi mi dimetto». Ecco la logica di quel gesto. Anche gli ultimi mesi della sua vita leggeva molto ed era sempre informato, ma quell’umanità gli è rimasta sempre. Quando è venuto al primo concistoro di Papa Francesco io l’ho accolto in Basilica, l’ho accompagnato all’uscita e mentre lo accompagnavo mi si rivolse con lo sguardo limpido chiedendomi come stessero mia sorella e mio nipote. «Io ho pregato per loro, ho mantenuto la promessa». Che grande umanità.

Lui ha immaginato la morte come un ritorno a casa e questo è molto bello. Anche Papa Giovanni quando gli dissero: «Padre Santo, la malattia ha fatto il suo corso», lui disse: «Oh che bella notizia che mi avete dato, ritorno a casa». Io credo che il punto di saldatura tra la ragione e la fede sia l’umiltà. Pascal, una delle più belle intelligenze apparse nel corso della storia umana, disse: «L’ultimo atto dell’intelligenza sta nel riconoscere che ci sono infinite cose che la superano. Se non capisce questo l’intelligenza è debole».

Di S. Em. Card. Angelo Comastri

Il Cardinal Comastri ricorda Benedetto XVI

Papa Benedetto, in un’intervista che ho memorizzato, disse: «Per me la prova più convincente della verità della religione cristiana è stata questa: vedere la bella e schietta umanità dei miei genitori che era il riflesso della bellezza di Gesù nel loro cuore e questa bellezza, questa gentilezza la si vede in tutte le persone che accolgono il Signore». Dostoevskij, un autore tanto caro a papa Benedetto, disse: «Nella storia dell’umanità è apparsa una sola persona perfettamente bella, totalmente bella, ed è Gesù Cristo; e l’apparizione di questa persona è già un miracolo e quando il cuore di una persona si apre a Gesù emerge la bellezza che ha dentro. A Michelangelo chiesero: «Ma come hai fatto a scolpire il Davide così bello?». E lui: «È stato semplice, ho tolto il marmo che c’era intorno e la bellezza è venuta fuori», e così succede quando accogliamo Gesù: viene fuori questa bellezza, questa umanità bella.

Come Arciprete, io avevo il dovere e la gioia di accogliere il papa ogni volta che veniva in Basilica. Quando mi avvicinavo alla macchina per salutare il Papa, non riuscivo mai a parlare per primo perchè appena si apriva lo sportello lui mi anticipava: «Buongiorno», e io dovevo sempre rispondere perché era lui che mi salutava. Per ben due volte mi ha chiesto: «Ma come sta? La vedo un po’ stanco, si riposi»: che delicatezza a preoccuparsi di me! Ogni volta che io scrivevo un libro glielo mandavo perché lui mi aveva detto: «Mi mandi sempre i suoi libri», e io gli dicevo: «Ma Padre Santo, lei è un grande teologo e io sono ancora un parroco», ma lui insisteva: «Me li mandi», e li leggeva. L’ultimo era il mio libro Orgoglio contro umiltà: chi vince?, e lui mi ha mandato il suo libro che raccoglieva le sue catechesi nell’anno Paolino con sopra la dedica: Con gratitudine per il suo recente libro, firmato Benedetto XVI.

Dopo le sue dimissioni che colpirono un po’ tutto il mondo, il papa lasciò il palazzo apostolico per andare a Castel Gandolfo, e lì aspettò l’elezione del nuovo successore; quando si aprì la porta dell’ascensore io ero lì e pensai: «O Dio, è l’ultima volta che lo vedo da papa». Siccome sono un po’ emotivo, mi emozionai e scoppiai a piangere e lui mi disse: «Ma perché piange?, e io dissi: «Padre Santo, sono un po’ triste…», e lui mi disse: «No no, nessuna tristezza. Noi siamo tutti servi inutili, soltanto Gesù è necessario, e Gesù tiene sempre le mani sul timone E allora nessuna paura, nessuna tristezza». Poi, passato del tempo, nel 2019 mi telefonò e mi disse: «Mi farebbe un piacere? Mi potrebbe fare la prefazione al libro che raccoglie le mie 100 omelie?». «Ma Padre Santo – risposi io – il Papa non ha bisogno di prefazione». «No, lei me la faccia», e io risposi: «Volentieri». Nella Prefazione io citai l’episodio dell’ascensore. Dopo un po’ di tempo mi rispose: «Ho appena letto la bellissima prefazione con la quale le invita alla lettura delle 100 omelie. Vorrei semplicemente comunicarle la profonda commozione che mi ha toccato nello sfogliare il libro e specialmente nella lettura della prefazione. Mi ricordo quando lei scoppiò a piangere e ricordo cosa le dissi, e lo dirò ancora: avanti con fiducia. Grazie, Eminenza».

Lui ha sofferto molto della vicenda del maggiordomo e anche in quella occasione è venuta fuori la grandezza d’animo, l’umanità di Papa Benedetto. Il maggiordomo venne processato e messo in prigione in Vaticano e Lui andò subito a trovarlo e volle che venisse subito liberato. Lo perdonò pubblicamente e non volle che venisse licenziato perché un padre di famiglia non si può mettere in mezzo alla strada. E la trasferì, cambiandogli lavoro. Che bontà mentre compiva questo gesto! Io pensavo al gesto di perdono di Giovanni Paolo II: «Perdono il fratello che mi ha sparato». Bene, questo perdono è simile a quel perdono. Era un uomo tutt’altro che debole, era delicato ma non debole. Un uomo che arriva alle dimissioni mostra grande coraggio: si rese conto che non riusciva più, lui era libero: «Non sono più capace, non ho più le forze, e quindi mi dimetto». Ecco la logica di quel gesto. Anche gli ultimi mesi della sua vita leggeva molto ed era sempre informato, ma quell’umanità gli è rimasta sempre. Quando è venuto al primo concistoro di Papa Francesco io l’ho accolto in Basilica, l’ho accompagnato all’uscita e mentre lo accompagnavo mi si rivolse con lo sguardo limpido chiedendomi come stessero mia sorella e mio nipote. «Io ho pregato per loro, ho mantenuto la promessa». Che grande umanità.

Lui ha immaginato la morte come un ritorno a casa e questo è molto bello. Anche Papa Giovanni quando gli dissero: «Padre Santo, la malattia ha fatto il suo corso», lui disse: «Oh che bella notizia che mi avete dato, ritorno a casa». Io credo che il punto di saldatura tra la ragione e la fede sia l’umiltà. Pascal, una delle più belle intelligenze apparse nel corso della storia umana, disse: «L’ultimo atto dell’intelligenza sta nel riconoscere che ci sono infinite cose che la superano. Se non capisce questo l’intelligenza è debole».

Di S. Em. Card. Angelo Comastri

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