Azione Francescana

Ecumenismo

Ingerenze politiche e divisioni nella Chiesa: un male antico

Lo scopo di questo breve excursus è quello di sollecitare una riflessione sulla responsabilità della politica nelle divisioni fra cristiani. Con ciò non si vuole assolutamente affermare l’esclusività delle cause politiche, tuttavia, penso che alla fine di questa lettura converrete con me sul fatto che senza una volontà politica favorevole, molti scismi non sarebbero mai avvenuti e con grande probabilità oggi la Chiesa sarebbe più unita ed il mondo più in pace.

Il concetto di separazione tra istituzione religiosa e istituzioni governative ha avuto una lunghissima gestazione. Gli storici convergono nel far risalire la sua nascita al medioevo occidentale, più precisamente nel periodo in cui papato e impero sono entrati in conflitto, per poi evolversi nel corso di tutta la modernità fino alla nascita delle attuali forme di democrazie occidentali. Se vogliamo però, già nell’Impero Romano tale assetto era stato adottato (almeno fino all’editto di Teodosio, 380 d.C.). Sappiamo bene come i sudditi romani godessero di un’ampia libertà religiosa, anche se in un certo senso la religione universale dell’Impero era la fedeltà a Cesare, che si doveva manifestare rendendogli culto periodicamente attraverso un formale sacrificio; infatti l’imperatore era considerato una vera e propria divinità.

Proprio questo ci fa capire come ci fosse la necessità, da parte dei governatori, che ci fosse qualcosa che unisse il popolo in maniera profonda e radicale, un’impresa possibile solo attraverso l’imposizione di un credo religioso. Del resto anche i regimi totalitari del ‘900, pur proponendosi come laici, risultavano all’atto pratico vere e proprie fedi con tanto di dogmi e relativi apparati inquisitori.

Guardando al mondo antico risulta assai difficile non pensare ad una stretta correlazione tra divisioni nella cristianità ed interessi strategici. Una Chiesa unita al di là dei territori di regni ed imperi è sempre stata una spina nel fianco per i governanti: convincere il popolo ad entrare in guerra con fratelli della stessa fede era molto più difficile che metterli contro a degli eretici o degli infedeli. Cominciamo ora un breve excursus per comprendere la portata di quanto detto sopra.

La Chiesa nestoriana, tra il V e VI secolo, trovò il favore dell’Impero persiano, grazie al suo essere slegata dalla Chiesa bizantina, ancora sotto il controllo dell’imperatore di Bisanzio. In Egitto i copti miafisiti favorirono la vittoria dei musulmani (VII sec.) non partecipando alla difesa del territorio, come invece avevano fatto i copti bizantini; ciò favorì senza dubbio gli scismatici che divennero così la grande maggioranza. Le popolazioni germaniche, in lotta con i romani d’occidente per il predominio, adottarono invece la teologia ariana, che andò abbandonata man mano dopo la loro vittoria definitiva nel V secolo in favore della fede calcedoniana; tale processo fu lento e graduale (più di due secoli), ed il merito di questa impresa è dovuto in gran parte alla diffusione del monachesimo.

La deriva dei rapporti tra Roma e Costantinopoli, culminata con lo scisma d’Oriente nel 1054, oltre che da alcune diatribe teologiche e pastorali (molte delle quali erano risolvibili) fu fondamentalmente dovuta alla forte ingerenza dell’Imperatore d’Oriente nelle questioni religiose, tra cui la nomina dei patriarchi; tutte pretese mal sopportate dal papato che per preservare la sua autonomia ha trovato alleanza con i franchi dando inizio al Sacro Romano Impero con l’incoronazione di Carlo Magno (800), il quale, al contrario, garantiva molta più autonomia al papa ed ai chierici. Tuttavia anche Carlo Magno scoraggiò la comunione con l’Oriente, infatti fu proprio lui a favorire l’inserimento del filioque nella versione latina del Credo calcedoniano, nonostante il parere contrario del papa Leone III. Uno degli episodi più critici fu la nomina di Fozio (858) a patriarca di Costantinopoli dopo la rimozione di Ignazio (per aver rifiutato la comunione ad un parente dell’imperatrice Teodora), entrambe le decisioni furono aspramente criticate da papa Niccolò I (858-867). Si consideri che Fozio, venerato come santo dalla Chiesa ortodossa, seppur uomo intelligentissimo e di grande cultura, era stato ordinato presbitero e vescovo nel giro di pochi mesi; inoltre egli non aveva alcuna esperienza pastorale; si può per questo comprendere facilmente una reazione così dura da parte del papato.

Un altro periodo difficile per la Chiesa cattolica fu quello della cosiddetta cattività avignonese (1309-1377) in cui il papato dovette subire l’ingerenze della casa reale di Francia, che già allora volgeva verso l’assolutismo, e rappresentava la potenza politica maggiore in Europa. La situazione era così a rischio da mettere in discussione proprio il concetto di Chiesa Apostolica Romana. Determinante fu l’opera della santa Caterina da Siena, che favorì significativamente il ritorno del Papa.

Come è ormai noto, anche gli scismi europei del XVI secolo, hanno avuto importanti spinte politiche, anzi senza di esse probabilmente nella Chiesa ci sarebbe stata solo una riforma e non anche delle dolorose (e sanguinose) separazioni. I principi tedeschi, così anche Enrico VIII, avevano notevoli interessi a favorire le divisioni che in seguito provocheranno la riforma protestante (1517-1555) e lo scisma anglicano (1534). Tutto questo nonostante Carlo V, l’imperatore del Sacro Romano Impero, avesse fatto di tutto per evitare il peggio. A lui però serviva un impero compatto per affrontare la minaccia ottomana.

Del resto anche oggi la cristianità deve difendersi da chi la vorrebbe spartire come si fa con le torte e, per questo, teme un modello di cristianità evangelicamente integrale. Sì, divide et impera, dicevano i romani…

Di Umberto Panipucci OFM

Ingerenze politiche e divisioni nella Chiesa: un male antico

Lo scopo di questo breve excursus è quello di sollecitare una riflessione sulla responsabilità della politica nelle divisioni fra cristiani. Con ciò non si vuole assolutamente affermare l’esclusività delle cause politiche, tuttavia, penso che alla fine di questa lettura converrete con me sul fatto che senza una volontà politica favorevole, molti scismi non sarebbero mai avvenuti e con grande probabilità oggi la Chiesa sarebbe più unita ed il mondo più in pace.

Il concetto di separazione tra istituzione religiosa e istituzioni governative ha avuto una lunghissima gestazione. Gli storici convergono nel far risalire la sua nascita al medioevo occidentale, più precisamente nel periodo in cui papato e impero sono entrati in conflitto, per poi evolversi nel corso di tutta la modernità fino alla nascita delle attuali forme di democrazie occidentali. Se vogliamo però, già nell’Impero Romano tale assetto era stato adottato (almeno fino all’editto di Teodosio, 380 d.C.). Sappiamo bene come i sudditi romani godessero di un’ampia libertà religiosa, anche se in un certo senso la religione universale dell’Impero era la fedeltà a Cesare, che si doveva manifestare rendendogli culto periodicamente attraverso un formale sacrificio; infatti l’imperatore era considerato una vera e propria divinità.

Proprio questo ci fa capire come ci fosse la necessità, da parte dei governatori, che ci fosse qualcosa che unisse il popolo in maniera profonda e radicale, un’impresa possibile solo attraverso l’imposizione di un credo religioso. Del resto anche i regimi totalitari del ‘900, pur proponendosi come laici, risultavano all’atto pratico vere e proprie fedi con tanto di dogmi e relativi apparati inquisitori.

Guardando al mondo antico risulta assai difficile non pensare ad una stretta correlazione tra divisioni nella cristianità ed interessi strategici. Una Chiesa unita al di là dei territori di regni ed imperi è sempre stata una spina nel fianco per i governanti: convincere il popolo ad entrare in guerra con fratelli della stessa fede era molto più difficile che metterli contro a degli eretici o degli infedeli. Cominciamo ora un breve excursus per comprendere la portata di quanto detto sopra.

La Chiesa nestoriana, tra il V e VI secolo, trovò il favore dell’Impero persiano, grazie al suo essere slegata dalla Chiesa bizantina, ancora sotto il controllo dell’imperatore di Bisanzio. In Egitto i copti miafisiti favorirono la vittoria dei musulmani (VII sec.) non partecipando alla difesa del territorio, come invece avevano fatto i copti bizantini; ciò favorì senza dubbio gli scismatici che divennero così la grande maggioranza. Le popolazioni germaniche, in lotta con i romani d’occidente per il predominio, adottarono invece la teologia ariana, che andò abbandonata man mano dopo la loro vittoria definitiva nel V secolo in favore della fede calcedoniana; tale processo fu lento e graduale (più di due secoli), ed il merito di questa impresa è dovuto in gran parte alla diffusione del monachesimo.

La deriva dei rapporti tra Roma e Costantinopoli, culminata con lo scisma d’Oriente nel 1054, oltre che da alcune diatribe teologiche e pastorali (molte delle quali erano risolvibili) fu fondamentalmente dovuta alla forte ingerenza dell’Imperatore d’Oriente nelle questioni religiose, tra cui la nomina dei patriarchi; tutte pretese mal sopportate dal papato che per preservare la sua autonomia ha trovato alleanza con i franchi dando inizio al Sacro Romano Impero con l’incoronazione di Carlo Magno (800), il quale, al contrario, garantiva molta più autonomia al papa ed ai chierici. Tuttavia anche Carlo Magno scoraggiò la comunione con l’Oriente, infatti fu proprio lui a favorire l’inserimento del filioque nella versione latina del Credo calcedoniano, nonostante il parere contrario del papa Leone III. Uno degli episodi più critici fu la nomina di Fozio (858) a patriarca di Costantinopoli dopo la rimozione di Ignazio (per aver rifiutato la comunione ad un parente dell’imperatrice Teodora), entrambe le decisioni furono aspramente criticate da papa Niccolò I (858-867). Si consideri che Fozio, venerato come santo dalla Chiesa ortodossa, seppur uomo intelligentissimo e di grande cultura, era stato ordinato presbitero e vescovo nel giro di pochi mesi; inoltre egli non aveva alcuna esperienza pastorale; si può per questo comprendere facilmente una reazione così dura da parte del papato.

Un altro periodo difficile per la Chiesa cattolica fu quello della cosiddetta cattività avignonese (1309-1377) in cui il papato dovette subire l’ingerenze della casa reale di Francia, che già allora volgeva verso l’assolutismo, e rappresentava la potenza politica maggiore in Europa. La situazione era così a rischio da mettere in discussione proprio il concetto di Chiesa Apostolica Romana. Determinante fu l’opera della santa Caterina da Siena, che favorì significativamente il ritorno del Papa.

Come è ormai noto, anche gli scismi europei del XVI secolo, hanno avuto importanti spinte politiche, anzi senza di esse probabilmente nella Chiesa ci sarebbe stata solo una riforma e non anche delle dolorose (e sanguinose) separazioni. I principi tedeschi, così anche Enrico VIII, avevano notevoli interessi a favorire le divisioni che in seguito provocheranno la riforma protestante (1517-1555) e lo scisma anglicano (1534). Tutto questo nonostante Carlo V, l’imperatore del Sacro Romano Impero, avesse fatto di tutto per evitare il peggio. A lui però serviva un impero compatto per affrontare la minaccia ottomana.

Del resto anche oggi la cristianità deve difendersi da chi la vorrebbe spartire come si fa con le torte e, per questo, teme un modello di cristianità evangelicamente integrale. Sì, divide et impera, dicevano i romani…

Di Umberto Panipucci OFM