Azione Francescana

Francescanesimo

Avere lo Spirito del Signore

Il tempo pasquale, che culmina nella festa di Pentecoste, è pervaso dalla presenza dello Spirito Santo e dalla sottolineatura del suo ruolo nella vita del cristiano; il cristiano infatti è tale proprio perché, animato dallo Spirito del Signore risorto, lo può riconoscere come vivente e glorioso. Il riferimento allo Spirito santo ritorna frequentemente anche negli Scritti e nell’esperienza di Francesco d’Assisi; vogliamo riflettere su un aspetto particolare di tale importante presenza dello Spirito, partendo da una espressione di Francesco, che nella Regola (cap. 10,8-10) esorta i frati che “facciano attenzio¬ne che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità, e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano”.

Ciò che vogliamo sottolineare è che Francesco non si limita a esortare a desiderare la presenza dello Spirito, ma aggiunge anche quel riferimento alla sua «santa operazione», che indica il santo operare sotto l’azione dello Spirito del Signore, facendo poi degli esempi concreti di quel santo operare: preghiera, pazienza, amore dei nemici.
Così dice Francesco nell’Ammonizione 21: «Guai a quel religioso che non custodisce nel suo cuore i beni che il Signore gli mostra e non li manifesta agli altri nelle opere, ma piuttosto, con la speranza di una mercede, brama manifestarli agli uomini a parole. Questi riceve già la sua mercede, e chi ascolta ne riporta poco frutto». Troviamo qui la contrapposizione tra coloro che par¬lano soltanto e coloro che operano, che costituisce una costante preoccupazione di Francesco, consapevole di tale rischio per sé e per i suoi frati.

Anche nella Regola non bollata egli contrappone il modo di manifestarsi dello Spirito del Signore a quello dello spirito della carne , la cui caratteristica è quella di “volere e preoccuparsi molto di possedere parole, ma po¬co di attuarle…»(Rnb 17,11). Un criterio importante per discernere un vero cammino spirituale è dunque l’agire, la “santa operazione”: siamo sulla stessa linea del Vangelo, che proclama: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,16), ricordandoci che la vita di un uomo non consiste solo nelle sue parole o nelle sue dichiarazioni, ma sempre nelle opere e nelle parole, indissolubilmente unite.
Questo primato della vita concreta è vero in Francesco, che inizia le sue regole parlando di “regola e vita”, che non a caso consiste nel vivere il santo Vangelo (non solo conoscerlo, ma viverlo). Con una accentuazione, nell’esperienza di Francesco, della funzione rivelativa della vita: la pratica infatti aiuta a capire meglio, ed anzi non ci può essere vera comprensione spirituale se non si passa attraverso la vita. Francesco, dopo aver ascoltato il Vangelo alla Porziuncola, si affretta a cambiare il suo modo di vestire: egli ha bisogno di mettere in pratica la parola ascoltata, anche se in modo parziale e materiale. E questa pratica lo aiuta a capire meglio: certamente quel vangelo non indicava un modo di vestire, però è solo passando attraverso la pratica che Francesco ne può cogliere il significato più alto. Così capita anche a san Damiano, ascoltando le parole del crocifisso: Francesco le mette in pratica riparando materialmente quella chiesetta non perché si sia sbagliato nell’intenderle, ma perché è solo attraverso questa “santa operazione” che ne può intendere il senso davvero spirituale.

“Avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”: non solo il primo termine, ma entrambi, perché senza l’operazione abbiamo solo una comprensione intellettuale, che è diversa da spirituale; ed è importante renderci conto che capire soltanto con la testa e con le parole non è ancora sufficiente per dire di aver capito davvero quello che il Signore ci vuol dire.
Con la «santa operazione» siamo dunque condotti a cogliere l’effetto che lo Spirito produce nell’uomo, e che è sostanzialmente la manifestazione esteriore di una relazione profonda con Cristo: gli esempi che Francesco propone nel testo della Regola (pregare sempre, avere umiltà, pazienza, amare i persecutori) sono i frutti di tale assimilazione a Cristo; si tratta, in qualche modo, del comportamento stesso di Cristo, presente in chi «ha» il suo Spirito.
San Francesco ci insegni ad avere davvero “lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”.

Di Cesare Vaiani OFM

Avere lo Spirito del Signore

Il tempo pasquale, che culmina nella festa di Pentecoste, è pervaso dalla presenza dello Spirito Santo e dalla sottolineatura del suo ruolo nella vita del cristiano; il cristiano infatti è tale proprio perché, animato dallo Spirito del Signore risorto, lo può riconoscere come vivente e glorioso. Il riferimento allo Spirito santo ritorna frequentemente anche negli Scritti e nell’esperienza di Francesco d’Assisi; vogliamo riflettere su un aspetto particolare di tale importante presenza dello Spirito, partendo da una espressione di Francesco, che nella Regola (cap. 10,8-10) esorta i frati che “facciano attenzio¬ne che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità, e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano”.

Ciò che vogliamo sottolineare è che Francesco non si limita a esortare a desiderare la presenza dello Spirito, ma aggiunge anche quel riferimento alla sua «santa operazione», che indica il santo operare sotto l’azione dello Spirito del Signore, facendo poi degli esempi concreti di quel santo operare: preghiera, pazienza, amore dei nemici.
Così dice Francesco nell’Ammonizione 21: «Guai a quel religioso che non custodisce nel suo cuore i beni che il Signore gli mostra e non li manifesta agli altri nelle opere, ma piuttosto, con la speranza di una mercede, brama manifestarli agli uomini a parole. Questi riceve già la sua mercede, e chi ascolta ne riporta poco frutto». Troviamo qui la contrapposizione tra coloro che par¬lano soltanto e coloro che operano, che costituisce una costante preoccupazione di Francesco, consapevole di tale rischio per sé e per i suoi frati.

Anche nella Regola non bollata egli contrappone il modo di manifestarsi dello Spirito del Signore a quello dello spirito della carne , la cui caratteristica è quella di “volere e preoccuparsi molto di possedere parole, ma po¬co di attuarle…»(Rnb 17,11). Un criterio importante per discernere un vero cammino spirituale è dunque l’agire, la “santa operazione”: siamo sulla stessa linea del Vangelo, che proclama: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,16), ricordandoci che la vita di un uomo non consiste solo nelle sue parole o nelle sue dichiarazioni, ma sempre nelle opere e nelle parole, indissolubilmente unite.
Questo primato della vita concreta è vero in Francesco, che inizia le sue regole parlando di “regola e vita”, che non a caso consiste nel vivere il santo Vangelo (non solo conoscerlo, ma viverlo). Con una accentuazione, nell’esperienza di Francesco, della funzione rivelativa della vita: la pratica infatti aiuta a capire meglio, ed anzi non ci può essere vera comprensione spirituale se non si passa attraverso la vita. Francesco, dopo aver ascoltato il Vangelo alla Porziuncola, si affretta a cambiare il suo modo di vestire: egli ha bisogno di mettere in pratica la parola ascoltata, anche se in modo parziale e materiale. E questa pratica lo aiuta a capire meglio: certamente quel vangelo non indicava un modo di vestire, però è solo passando attraverso la pratica che Francesco ne può cogliere il significato più alto. Così capita anche a san Damiano, ascoltando le parole del crocifisso: Francesco le mette in pratica riparando materialmente quella chiesetta non perché si sia sbagliato nell’intenderle, ma perché è solo attraverso questa “santa operazione” che ne può intendere il senso davvero spirituale.

“Avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”: non solo il primo termine, ma entrambi, perché senza l’operazione abbiamo solo una comprensione intellettuale, che è diversa da spirituale; ed è importante renderci conto che capire soltanto con la testa e con le parole non è ancora sufficiente per dire di aver capito davvero quello che il Signore ci vuol dire.
Con la «santa operazione» siamo dunque condotti a cogliere l’effetto che lo Spirito produce nell’uomo, e che è sostanzialmente la manifestazione esteriore di una relazione profonda con Cristo: gli esempi che Francesco propone nel testo della Regola (pregare sempre, avere umiltà, pazienza, amare i persecutori) sono i frutti di tale assimilazione a Cristo; si tratta, in qualche modo, del comportamento stesso di Cristo, presente in chi «ha» il suo Spirito.
San Francesco ci insegni ad avere davvero “lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”.

Di Cesare Vaiani OFM