Azione Francescana

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“Il Natale ci mette a nudo”. Lettera ai frati del Ministro provinciale in occasione del Santo Natale.

Cari fratelli, alle porte del Santo Natale, sento di rivolgere a ciascuno di voi una riflessione semplice che si trasforma in augurio sincero. Più volte ho meditato sulla vita di Gesù e ciò che mi ha sempre meravigliato è stato scoprire come il suo cammino sulla terra sia stato tutto un mistero di spogliazione, dalla nascita alla morte. Gesù nasce nudo e, sul Golgota, è spogliato delle vesti, e nudo viene affisso al legno della croce. Qual è allora il senso profondo della sua nudità, e quale invece il significato teologico della nostra spogliazione? Egli, che spogliò sé stesso e divenne simile agli uomini (cf. Fil 2,6), rappresenta un chiaro invito a svuotarci di noi stessi e a rinunciare a tutto ciò che ci allontana o ci distrae da Lui. Ma da cosa bisogna svuotarci e perché spogliarci? Papa Francesco, nella Lettera indirizzata al Vescovo di Assisi per l’inaugurazione del Santuario della Spogliazione del 2017, esordì: “Ci si deve spogliare più che di cose, di sé stessi, mettendo da parte l’egoismo che ci fa arroccare nei nostri interessi e nei nostri beni, impedendoci di scoprire la bellezza dell’altro e la gioia di aprirgli il cuore”. Questa dimensione fu ben vissuta dal Serafico Padre Francesco, il quale non solo si spogliò dei suoi abiti e dei suoi averi, ma si spogliò soprattutto di sé. Egli l’aveva ben compreso, meditando Cristo che “è nato lungo la via e deposto in una mangiatoia, poiché non c’era posto nell’albergo” (UffPass XV,7: 303), che “fu povero e ospite e visse di elemosine, lui e la beata Vergine e i suoi discepoli” (Rnb 9,5: FF 31).

La celebrazione del presepe di Greccio di ottocento anni fa manifesta, infatti, con estrema chiarezza, che il Poverello d’Assisi si lasciò affascinare da quella profonda umiltà della nascita di Cristo, umiltà denudata da ogni orpello e liberata da ogni sovrastruttura. Ricordare quell’evento, allora, ci aiuta a considerare non solo qual è il posto che Gesù occupa in ciascuno di noi, ma anche se vi è un posto per coloro con cui Egli ha voluto identificarsi: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Cristo, attraverso la sua incarnazione, ha abbattuto le distanze e ci invita a compiere lo stesso percorso, ossia a farci prossimi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle per accoglierli, per toccarli con misericordia, così come ci ha ricordato il Pontefice: “San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione […] In modo particolare, fin dall’origine francescana il presepe è un invito a “sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi” (Admirabile signum, 3).

Francesco, nella visione del presepe viene invaso da un indicibile piacere che percepisce attraverso tutti i suoi sensi: nel grato stupore della vista, nella dolcezza del gusto e del tatto, nella gioia canora dell’udito. In altre parole, si lascia conformare a Cristo nudo, e per questo si sveste degli indumenti del potere, dell’egoismo e dell’incoerenza. Il Natale, allora, può diventare occasione propizia per svestirci del potere e rivestirci del servizio; per svestirci dell’egoismo e rivestirci della cura; per svestirci dell’incoerenza e rivestirci della testimonianza.

Nudi di potere: il desiderio di potere, controllo e ricchezza sembra spesso prevalere; tuttavia, il nostro cammino francescano ci ricorda che l’autentica realizzazione e la vera felicità non provengono dall’accumulo di potere o beni materiali, ma dalla condivisione dell’amore e della compassione verso gli altri. Il servizio disinteressato è il cuore della nostra vocazione e una risposta autentica all’insegnamento evangelico: rinunciare al potere significa riconoscere l’uguaglianza di ogni essere umano davanti a Dio. In un mondo che spesso mette in evidenza le divisioni, il servizio ci unisce e ci ricorda che tutti siamo chiamati a contribuire al bene comune. La nostra scelta di vivere una vita semplice e umile, come ha fatto San Francesco, è un potente testimone di questa verità.

Nudi di egoismo: in questo tempo tumultuoso, dove l’egoismo sembra prosperare come erba selvatica, noi, custodi della fede francescana, siamo chiamati ad alzare la nostra voce e proclamare un messaggio di trasformazione. È giunto il momento di sostituire l’egoismo con la cura e l’attenzione per l’altro, di porre fine all’oscurità dell’individualismo e abbracciare la luce dell’amore fraterno. L’egoismo ci separa, mentre la cura per gli altri ci unisce.

Nudi di incoerenza: ogni passo che compiamo, ogni parola che pronunciamo, ogni gesto che facciamo deve essere una testimonianza tangibile del nostro gioioso impegno per la povertà, la fraternità, la pace e la cura del creato. Non permettiamo mai che l’incoerenza offuschi la nostra missione, perché è solo attraverso la coerenza che possiamo conquistare cuori e menti. Impariamo a diventare come fari che guidano le navi smarrite nel mare tempestoso del mondo moderno. Sforziamoci di essere il riflesso della luce divina in un’epoca oscura. Assumiamoci il compito, in tutto e per tutto, di essere testimoni di una vita credibile dove non sussista lo scarto tra ciò che si annuncia e ciò che si vive.

Che il Natale ci metta davvero a nudo e ci rivesta di autenticità. Santo Natale a tutti.

Molfetta, 17 dicembre 2023 – III domenica di Avvento – Gaudete

Fra Alessandro Mastromatteo, Ministro povinciale

“Il Natale ci mette a nudo”. Lettera ai frati del Ministro provinciale in occasione del Santo Natale.

Cari fratelli, alle porte del Santo Natale, sento di rivolgere a ciascuno di voi una riflessione semplice che si trasforma in augurio sincero. Più volte ho meditato sulla vita di Gesù e ciò che mi ha sempre meravigliato è stato scoprire come il suo cammino sulla terra sia stato tutto un mistero di spogliazione, dalla nascita alla morte. Gesù nasce nudo e, sul Golgota, è spogliato delle vesti, e nudo viene affisso al legno della croce. Qual è allora il senso profondo della sua nudità, e quale invece il significato teologico della nostra spogliazione? Egli, che spogliò sé stesso e divenne simile agli uomini (cf. Fil 2,6), rappresenta un chiaro invito a svuotarci di noi stessi e a rinunciare a tutto ciò che ci allontana o ci distrae da Lui. Ma da cosa bisogna svuotarci e perché spogliarci? Papa Francesco, nella Lettera indirizzata al Vescovo di Assisi per l’inaugurazione del Santuario della Spogliazione del 2017, esordì: “Ci si deve spogliare più che di cose, di sé stessi, mettendo da parte l’egoismo che ci fa arroccare nei nostri interessi e nei nostri beni, impedendoci di scoprire la bellezza dell’altro e la gioia di aprirgli il cuore”. Questa dimensione fu ben vissuta dal Serafico Padre Francesco, il quale non solo si spogliò dei suoi abiti e dei suoi averi, ma si spogliò soprattutto di sé. Egli l’aveva ben compreso, meditando Cristo che “è nato lungo la via e deposto in una mangiatoia, poiché non c’era posto nell’albergo” (UffPass XV,7: 303), che “fu povero e ospite e visse di elemosine, lui e la beata Vergine e i suoi discepoli” (Rnb 9,5: FF 31).

La celebrazione del presepe di Greccio di ottocento anni fa manifesta, infatti, con estrema chiarezza, che il Poverello d’Assisi si lasciò affascinare da quella profonda umiltà della nascita di Cristo, umiltà denudata da ogni orpello e liberata da ogni sovrastruttura. Ricordare quell’evento, allora, ci aiuta a considerare non solo qual è il posto che Gesù occupa in ciascuno di noi, ma anche se vi è un posto per coloro con cui Egli ha voluto identificarsi: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Cristo, attraverso la sua incarnazione, ha abbattuto le distanze e ci invita a compiere lo stesso percorso, ossia a farci prossimi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle per accoglierli, per toccarli con misericordia, così come ci ha ricordato il Pontefice: “San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione […] In modo particolare, fin dall’origine francescana il presepe è un invito a “sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi” (Admirabile signum, 3).

Francesco, nella visione del presepe viene invaso da un indicibile piacere che percepisce attraverso tutti i suoi sensi: nel grato stupore della vista, nella dolcezza del gusto e del tatto, nella gioia canora dell’udito. In altre parole, si lascia conformare a Cristo nudo, e per questo si sveste degli indumenti del potere, dell’egoismo e dell’incoerenza. Il Natale, allora, può diventare occasione propizia per svestirci del potere e rivestirci del servizio; per svestirci dell’egoismo e rivestirci della cura; per svestirci dell’incoerenza e rivestirci della testimonianza.

Nudi di potere: il desiderio di potere, controllo e ricchezza sembra spesso prevalere; tuttavia, il nostro cammino francescano ci ricorda che l’autentica realizzazione e la vera felicità non provengono dall’accumulo di potere o beni materiali, ma dalla condivisione dell’amore e della compassione verso gli altri. Il servizio disinteressato è il cuore della nostra vocazione e una risposta autentica all’insegnamento evangelico: rinunciare al potere significa riconoscere l’uguaglianza di ogni essere umano davanti a Dio. In un mondo che spesso mette in evidenza le divisioni, il servizio ci unisce e ci ricorda che tutti siamo chiamati a contribuire al bene comune. La nostra scelta di vivere una vita semplice e umile, come ha fatto San Francesco, è un potente testimone di questa verità.

Nudi di egoismo: in questo tempo tumultuoso, dove l’egoismo sembra prosperare come erba selvatica, noi, custodi della fede francescana, siamo chiamati ad alzare la nostra voce e proclamare un messaggio di trasformazione. È giunto il momento di sostituire l’egoismo con la cura e l’attenzione per l’altro, di porre fine all’oscurità dell’individualismo e abbracciare la luce dell’amore fraterno. L’egoismo ci separa, mentre la cura per gli altri ci unisce.

Nudi di incoerenza: ogni passo che compiamo, ogni parola che pronunciamo, ogni gesto che facciamo deve essere una testimonianza tangibile del nostro gioioso impegno per la povertà, la fraternità, la pace e la cura del creato. Non permettiamo mai che l’incoerenza offuschi la nostra missione, perché è solo attraverso la coerenza che possiamo conquistare cuori e menti. Impariamo a diventare come fari che guidano le navi smarrite nel mare tempestoso del mondo moderno. Sforziamoci di essere il riflesso della luce divina in un’epoca oscura. Assumiamoci il compito, in tutto e per tutto, di essere testimoni di una vita credibile dove non sussista lo scarto tra ciò che si annuncia e ciò che si vive.

Che il Natale ci metta davvero a nudo e ci rivesta di autenticità. Santo Natale a tutti.

Molfetta, 17 dicembre 2023 – III domenica di Avvento – Gaudete

Fra Alessandro Mastromatteo, Ministro povinciale

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