Azione Francescana

Francescanesimo

Il presepe di Greccio: 800 anni dopo (1223-2023)

L’VIII centenario del presepe di Greccio ci offre l’occasione per evidenziare la modalità con cui Francesco d’Assisi visse l’intreccio tra il mistero dell’incarnazione del figlio di Dio e l’eucaristia. Intreccio che si palesa nei suoi Scritti e che qui richiamiamo per commemorare non solo l’evento in sé, ma la teologia che l’ideazione del presepe racchiude.

Francesco d’Assisi è un innamorato dell’eucaristia. Egli ne parla come luogo prioritario della presenza di Cristo Salvatore, incarnato, morto e risorto per noi, e ne segnala la centralità nella sua esperienza spirituale. L’ammonizione I, infatti, abbonda di rimandi, tanto che il titolo attribuito posteriormente dal redattore è proprio “Il corpo del Signore”. Questo titolo si rifà alle stesse parole usate da Francesco: egli usa particolarmente tale dicitura rispondendo al filone cataro che rifiutava di riconoscere la vera carne del Signore. Tale espressione è usata anche in altri testi del Santo, come ad esempio nella Lettera ai chierici, che è uno scritto circolare attraverso cui Francesco raccomanda una maggiore cura e venerazione nei confronti dell’eucarestia. L’esigenza si pose in stretta connessione con le disposizioni del Concilio Lateranense IV (1215) che si occupò, appunto, della disciplina riguardo la conservazione e la venerazione dell’eucaristia, di fronte ai molti abusi segnalati. Pertanto, l’incontro del Poverello d’Assisi con l’eucaristia e la sua esperienza eucaristica si collocano in un preciso contesto storico e teologico. Ma andiamo per ordine: ben cinque delle dieci lettere di Francesco, che ci sono pervenute, trattano esclusivamente o nella maggior parte dell’eucaristia. E ancora, sono a tema eucaristico il capitolo XX della Regola non bollata, un passaggio del Testamento e uno della Parafrasi del Padre nostro. È bene precisare, tuttavia, che Francesco non è un “teologo” nel senso proprio del termine, e di nessun argomento ci ha lasciato un insegnamento completo, esteso a tutti gli aspetti. Senza la pretesa di esporre una dottrina sistematica, possiamo, però, ricavare dalle diverse espressioni che egli usa per parlare del mistero eucaristico, l’essenza della sua fede, fede profonda perché “quantunque egli non avesse ricevuto nessuna formazione di cultura umana, tuttavia, istruito dalla sapienza che discende da Dio, e irradiato dai fulgori della luce eterna, aveva una comprensione altissima delle Scritture”. (2 Cel 102: FF 689). L’abilità di Francesco è accostare l’eucaristia all’incarnazione. Infatti, fa la sua tradizionale analogia tra incarnazione del Figlio di Dio nella Vergine Maria e la sua venuta nel segno del pane e del vino: “Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l’altare nelle mani del sacerdote” (Am I, 16-19: FF  144).

L’Assisiate rende visibile tale certezza di fede nella celebrazione del Natale a Greccio nel 1223. Il presepe è, infatti, una novità dirompente in quanto egli allestisce per la mente e per il cuore una rappresentazione visiva perché tutti potessero vedere “con gli occhi del corpo” in quale modo il bambino Gesù fosse nato a Betlemme, privo di tutto ciò che è necessario a un infante, e sulla mangiatoia fu celebrata la messa e il sacerdote stesso gustò una consolazione nuova mai sperimentata. Il nesso Betlemme-eucaristia trova, dunque, conferma e sintesi proprio nel presepe di Greccio. In effetti, quando il pane e il vino vengono consacrati, si rinnova misticamente ciò che è avvenuto storicamente con la nascita di Gesù: Dio si fa uomo. La consacrazione del pane e del vino, pertanto, è una nuova incarnazione. È interessante considerare, inoltre, la Lettera ai chierici, che dimostra in quale forma il Santo assisiate comunichi ai sacerdoti la modalità della conservazione e della venerazione dell’eucaristia: “Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno sul santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e sui santissimi nomi e sulle sue parole scritte, che santificano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola. Niente, infatti, abbiamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati fatti e redenti da morte a vita” (2Lch, 1-3). Accanto alla dimensione della presenza, che ci permette di vedere Cristo, l’eucaristia riveste per Francesco anche un altro importante significato. Un testo che ci offre l’occasione di richiamarlo è la Lettera a tutto l’Ordine. Qui, Francesco parla ai suoi fratelli, e in particolare ai sacerdoti, che in questa lettera sono destinatari di una particolare attenzione, in virtù di quanto appena affermato. Evidenziamo, dunque, le espressioni che più ci sembrano degne di nota: “Pertanto, scongiuro tutti voi, fratelli, con il bacio dei piedi e quell’amore con cui posso, che prestiate, per quanto potete, ogni riverenza e ogni onore al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, in cui tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente”. Nel mistero dell’incarnazione, Francesco viene colpito soprattutto dalla povertà di Gesù e di sua madre, della scelta di abbassamento che si manifesta nella greppia di Betlemme/Greccio, che si realizza allo stesso modo in tutta la vita di Gesù che, come ci ricorda nella Regola non bollata, fu povero e ospite e visse di elemosine, lui e la beata Vergine e i suoi discepoli e che si esprime ugualmente nell’eucaristia, mistero dell’umiltà di Dio e prolungamento dell’incarnazione.

Per concludere, la viva e profonda esperienza di fede di Francesco nel mistero eucaristico, si radica nel rapporto intimo che egli vive con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. La maturità di questa fede ispira la pietà eucaristica di Francesco, che si discosta da certe tendenze della devozione popolare, al limite della superstizione, focalizzandosi su due aspetti: la comunione sacramentale, vera sorgente di salvezza e fondamento di una vita “eucaristica”, e l’atteggiamento di fedele adesione alla Chiesa e di profondo rispetto per i sacerdoti, dalle cui mani, quotidianamente, un pezzo di pane si trasforma in Corpo di Cristo, nonostante i loro limiti; limiti che mai, però, possono intaccare un potere conferito da Gesù Cristo, mediante la Chiesa…!

Il presepe di Greccio: 800 anni dopo (1223-2023)

L’VIII centenario del presepe di Greccio ci offre l’occasione per evidenziare la modalità con cui Francesco d’Assisi visse l’intreccio tra il mistero dell’incarnazione del figlio di Dio e l’eucaristia. Intreccio che si palesa nei suoi Scritti e che qui richiamiamo per commemorare non solo l’evento in sé, ma la teologia che l’ideazione del presepe racchiude.

Francesco d’Assisi è un innamorato dell’eucaristia. Egli ne parla come luogo prioritario della presenza di Cristo Salvatore, incarnato, morto e risorto per noi, e ne segnala la centralità nella sua esperienza spirituale. L’ammonizione I, infatti, abbonda di rimandi, tanto che il titolo attribuito posteriormente dal redattore è proprio “Il corpo del Signore”. Questo titolo si rifà alle stesse parole usate da Francesco: egli usa particolarmente tale dicitura rispondendo al filone cataro che rifiutava di riconoscere la vera carne del Signore. Tale espressione è usata anche in altri testi del Santo, come ad esempio nella Lettera ai chierici, che è uno scritto circolare attraverso cui Francesco raccomanda una maggiore cura e venerazione nei confronti dell’eucarestia. L’esigenza si pose in stretta connessione con le disposizioni del Concilio Lateranense IV (1215) che si occupò, appunto, della disciplina riguardo la conservazione e la venerazione dell’eucaristia, di fronte ai molti abusi segnalati. Pertanto, l’incontro del Poverello d’Assisi con l’eucaristia e la sua esperienza eucaristica si collocano in un preciso contesto storico e teologico. Ma andiamo per ordine: ben cinque delle dieci lettere di Francesco, che ci sono pervenute, trattano esclusivamente o nella maggior parte dell’eucaristia. E ancora, sono a tema eucaristico il capitolo XX della Regola non bollata, un passaggio del Testamento e uno della Parafrasi del Padre nostro. È bene precisare, tuttavia, che Francesco non è un “teologo” nel senso proprio del termine, e di nessun argomento ci ha lasciato un insegnamento completo, esteso a tutti gli aspetti. Senza la pretesa di esporre una dottrina sistematica, possiamo, però, ricavare dalle diverse espressioni che egli usa per parlare del mistero eucaristico, l’essenza della sua fede, fede profonda perché “quantunque egli non avesse ricevuto nessuna formazione di cultura umana, tuttavia, istruito dalla sapienza che discende da Dio, e irradiato dai fulgori della luce eterna, aveva una comprensione altissima delle Scritture”. (2 Cel 102: FF 689). L’abilità di Francesco è accostare l’eucaristia all’incarnazione. Infatti, fa la sua tradizionale analogia tra incarnazione del Figlio di Dio nella Vergine Maria e la sua venuta nel segno del pane e del vino: “Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l’altare nelle mani del sacerdote” (Am I, 16-19: FF  144).

L’Assisiate rende visibile tale certezza di fede nella celebrazione del Natale a Greccio nel 1223. Il presepe è, infatti, una novità dirompente in quanto egli allestisce per la mente e per il cuore una rappresentazione visiva perché tutti potessero vedere “con gli occhi del corpo” in quale modo il bambino Gesù fosse nato a Betlemme, privo di tutto ciò che è necessario a un infante, e sulla mangiatoia fu celebrata la messa e il sacerdote stesso gustò una consolazione nuova mai sperimentata. Il nesso Betlemme-eucaristia trova, dunque, conferma e sintesi proprio nel presepe di Greccio. In effetti, quando il pane e il vino vengono consacrati, si rinnova misticamente ciò che è avvenuto storicamente con la nascita di Gesù: Dio si fa uomo. La consacrazione del pane e del vino, pertanto, è una nuova incarnazione. È interessante considerare, inoltre, la Lettera ai chierici, che dimostra in quale forma il Santo assisiate comunichi ai sacerdoti la modalità della conservazione e della venerazione dell’eucaristia: “Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno sul santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e sui santissimi nomi e sulle sue parole scritte, che santificano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola. Niente, infatti, abbiamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati fatti e redenti da morte a vita” (2Lch, 1-3). Accanto alla dimensione della presenza, che ci permette di vedere Cristo, l’eucaristia riveste per Francesco anche un altro importante significato. Un testo che ci offre l’occasione di richiamarlo è la Lettera a tutto l’Ordine. Qui, Francesco parla ai suoi fratelli, e in particolare ai sacerdoti, che in questa lettera sono destinatari di una particolare attenzione, in virtù di quanto appena affermato. Evidenziamo, dunque, le espressioni che più ci sembrano degne di nota: “Pertanto, scongiuro tutti voi, fratelli, con il bacio dei piedi e quell’amore con cui posso, che prestiate, per quanto potete, ogni riverenza e ogni onore al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, in cui tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente”. Nel mistero dell’incarnazione, Francesco viene colpito soprattutto dalla povertà di Gesù e di sua madre, della scelta di abbassamento che si manifesta nella greppia di Betlemme/Greccio, che si realizza allo stesso modo in tutta la vita di Gesù che, come ci ricorda nella Regola non bollata, fu povero e ospite e visse di elemosine, lui e la beata Vergine e i suoi discepoli e che si esprime ugualmente nell’eucaristia, mistero dell’umiltà di Dio e prolungamento dell’incarnazione.

Per concludere, la viva e profonda esperienza di fede di Francesco nel mistero eucaristico, si radica nel rapporto intimo che egli vive con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. La maturità di questa fede ispira la pietà eucaristica di Francesco, che si discosta da certe tendenze della devozione popolare, al limite della superstizione, focalizzandosi su due aspetti: la comunione sacramentale, vera sorgente di salvezza e fondamento di una vita “eucaristica”, e l’atteggiamento di fedele adesione alla Chiesa e di profondo rispetto per i sacerdoti, dalle cui mani, quotidianamente, un pezzo di pane si trasforma in Corpo di Cristo, nonostante i loro limiti; limiti che mai, però, possono intaccare un potere conferito da Gesù Cristo, mediante la Chiesa…!