Azione Francescana

Attualità

La Quaresima: il tempo favorevole della rinascita

“Forse vi copre di confusione la gravità della passione che mi avete inflitto. Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l’amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi. Venite, dunque, ritornate. Sperimentate la mia carità e la mia tenerezza, che ricambia il male col bene, le ingiurie con l’amore, ferite tanto grandi con una carità così immensa”.    San Pietro Crisologo, vescovo e dottore della Chiesa del V secolo d.C., in un suo momento di contemplazione del Crocifisso scrisse queste profonde e suggestive parole, immaginando che fosse Gesù stesso a parlare. Credo che esse contengano il messaggio centrale di tutto il cammino quaresimale.

La Quaresima è il «tempo forte» che prepara alla Pasqua, culmine dell’Anno liturgico e della vita di ogni cristiano. Come afferma San Paolo, è «il momento favorevole» (2Cor 6,2) per compiere un cammino di vera conversione così da «affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male» (Colletta – Mercoledì delle Ceneri). L’itinerario dei quaranta giorni che conduce al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, cuore del mistero di Salvezza, è un tempo di cambiamento interiore e di pentimento in cui il cristiano è chiamato a tornare a Dio con tutto il cuore non accontentandosi di una vita mediocre, ma impegnandosi a raggiungere quella misura che conviene alla piena maturità di Cristo (cf. Ef 4,13).

Quaranta è il numero simbolico con cui l’Antico e il Nuovo Testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza della fede del popolo di Dio. È una cifra che esprime il tempo dell’attesa, della purificazione, del ritorno al Signore, della consapevolezza che Dio è fedele alle sue promesse. Nell’Antico Testamento sono quaranta i giorni del diluvio universale, quaranta i giorni passati da Mosè sul monte Sinai, quaranta gli anni in cui il popolo di Israele peregrina nel deserto prima di giungere alla Terra Promessa, quaranta i giorni di cammino del profeta Elia per giungere al monte Oreb, quaranta i giorni che Dio concede a Ninive per convertirsi dopo la predicazione di Giona. Anche nei Vangeli sono quaranta i giorni vissuti dal Signore nel deserto prima di intraprendere la sua missione pubblica. E una volta intrapresa, Egli rende sempre più trasparente il suo destino finale, la sua meta.

Ecco, noi saliamo a Gerusalemme” (Mc 10, 33). “Noi saliamo…”: con queste parole il Signore invitava i discepoli a percorrere con Lui il cammino che dalla Galilea conduceva al luogo dove si sarebbe consumata la sua missione redentrice. Questo cammino verso Gerusalemme, che gli Evangelisti presentano come il coronamento dell’itinerario terreno di Gesù, costituisce il modello della vita del cristiano, impegnato a seguire il Maestro sulla via della Croce per partecipare poi alla sua risurrezione. La nostra esistenza è, dunque, una “via” da percorrere, consistente non tanto in una legge da osservare o in precetti da adempiere, ma nell’incontro con la persona stessa di Cristo, da accogliere, da seguire, da imitare. Il Mistero della redenzione operata da Cristo è un mistero d’amore. Egli dona la sua vita per noi, per ciascuno di noi. È un dono immeritato, un dono di puro amore, un dono di assoluta bontà. E la nostra risposta a questo dono non può che essere l’amore. Lo aveva compreso bene San Francesco d’Assisi, che prima di ricevere le stimmate, acceso dall’amore e dal desiderio di conformarsi a Cristo, Gli rivolse questa preghiera: “O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia innanzi che io muoia, la prima, che in vita mia senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell’ora della tua acerbissima passione; la seconda si è che io senta nel cuore  mio, quanto è possibile, quell’eccessivo amore, del quale tu, Figlio di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori”(Considerazioni sulle stimmate, 3).

Auguro a tutti di poter vivere questa Quaresima con rinnovata gratitudine per il dono ricevuto, rendendo anche la nostra vita un dono d’amore, aprendo la porta del cuore alla grazia di Dio e alle necessità dei fratelli. Allora potremo vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua.

Buon tempo favorevole della rinascita. Buon cammino verso la risurrezione!

La Quaresima: il tempo favorevole della rinascita

“Forse vi copre di confusione la gravità della passione che mi avete inflitto. Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l’amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi. Venite, dunque, ritornate. Sperimentate la mia carità e la mia tenerezza, che ricambia il male col bene, le ingiurie con l’amore, ferite tanto grandi con una carità così immensa”.    San Pietro Crisologo, vescovo e dottore della Chiesa del V secolo d.C., in un suo momento di contemplazione del Crocifisso scrisse queste profonde e suggestive parole, immaginando che fosse Gesù stesso a parlare. Credo che esse contengano il messaggio centrale di tutto il cammino quaresimale.

La Quaresima è il «tempo forte» che prepara alla Pasqua, culmine dell’Anno liturgico e della vita di ogni cristiano. Come afferma San Paolo, è «il momento favorevole» (2Cor 6,2) per compiere un cammino di vera conversione così da «affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male» (Colletta – Mercoledì delle Ceneri). L’itinerario dei quaranta giorni che conduce al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, cuore del mistero di Salvezza, è un tempo di cambiamento interiore e di pentimento in cui il cristiano è chiamato a tornare a Dio con tutto il cuore non accontentandosi di una vita mediocre, ma impegnandosi a raggiungere quella misura che conviene alla piena maturità di Cristo (cf. Ef 4,13).

Quaranta è il numero simbolico con cui l’Antico e il Nuovo Testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza della fede del popolo di Dio. È una cifra che esprime il tempo dell’attesa, della purificazione, del ritorno al Signore, della consapevolezza che Dio è fedele alle sue promesse. Nell’Antico Testamento sono quaranta i giorni del diluvio universale, quaranta i giorni passati da Mosè sul monte Sinai, quaranta gli anni in cui il popolo di Israele peregrina nel deserto prima di giungere alla Terra Promessa, quaranta i giorni di cammino del profeta Elia per giungere al monte Oreb, quaranta i giorni che Dio concede a Ninive per convertirsi dopo la predicazione di Giona. Anche nei Vangeli sono quaranta i giorni vissuti dal Signore nel deserto prima di intraprendere la sua missione pubblica. E una volta intrapresa, Egli rende sempre più trasparente il suo destino finale, la sua meta.

Ecco, noi saliamo a Gerusalemme” (Mc 10, 33). “Noi saliamo…”: con queste parole il Signore invitava i discepoli a percorrere con Lui il cammino che dalla Galilea conduceva al luogo dove si sarebbe consumata la sua missione redentrice. Questo cammino verso Gerusalemme, che gli Evangelisti presentano come il coronamento dell’itinerario terreno di Gesù, costituisce il modello della vita del cristiano, impegnato a seguire il Maestro sulla via della Croce per partecipare poi alla sua risurrezione. La nostra esistenza è, dunque, una “via” da percorrere, consistente non tanto in una legge da osservare o in precetti da adempiere, ma nell’incontro con la persona stessa di Cristo, da accogliere, da seguire, da imitare. Il Mistero della redenzione operata da Cristo è un mistero d’amore. Egli dona la sua vita per noi, per ciascuno di noi. È un dono immeritato, un dono di puro amore, un dono di assoluta bontà. E la nostra risposta a questo dono non può che essere l’amore. Lo aveva compreso bene San Francesco d’Assisi, che prima di ricevere le stimmate, acceso dall’amore e dal desiderio di conformarsi a Cristo, Gli rivolse questa preghiera: “O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia innanzi che io muoia, la prima, che in vita mia senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell’ora della tua acerbissima passione; la seconda si è che io senta nel cuore  mio, quanto è possibile, quell’eccessivo amore, del quale tu, Figlio di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori”(Considerazioni sulle stimmate, 3).

Auguro a tutti di poter vivere questa Quaresima con rinnovata gratitudine per il dono ricevuto, rendendo anche la nostra vita un dono d’amore, aprendo la porta del cuore alla grazia di Dio e alle necessità dei fratelli. Allora potremo vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua.

Buon tempo favorevole della rinascita. Buon cammino verso la risurrezione!

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