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L’Udienza generale del Papa: invidia e vanagloria, ombre dell’anima

Città del Vaticano. Nella giornata odierna, il Pontefice ha offerto ai fedeli una riflessione su due vizi capitali largamente discussi nella tradizione spirituale: l’invidia e la vanagloria, invitando i presenti a un esame di coscienza sulla propria condotta e le proprie aspirazioni.

Partendo dall’invidia, il Papa ha tracciato un percorso che affonda le radici nelle storie bibliche, come quella di Caino e Abele, per illustrare come questo vizio si manifesti sin dalle origini dell’umanità. Il Pontefice ha descritto l’invidia come un sentimento che oscura il cuore e distorce lo sguardo, impedendo di gioire per il successo altrui e, al contrario, alimentando sentimenti di odio e rancore.

Con un linguaggio incisivo, il Papa ha sottolineato come l’invidia nasconda un complicato intreccio di amore e odio verso l’altro, che rappresenta ciò che vorremmo essere ma che, a causa di una visione distorta della realtà e della divinità, percepiamo come ingiusto e irraggiungibile. Ha ricordato che alla base di questo vizio vi è una falsa concezione di Dio e della Sua generosità, che invece invita a una condivisione fraterna dei doni ricevuti, come esortato da San Paolo agli inizi della Chiesa.

Sucessivamente ha analizzato la vanagloria, presentandola come compagna fedele dell’invidia. Questo secondo vizio è stato descritto da Papa Francesco come una ricerca ossessiva di attenzione e riconoscimento, una superbia senza fondamento che conduce a relazioni superficiali e a un’esistenza vuota di empatia e di vera comunione con il prossimo. Il Papa ha citato gli insegnamenti di Evagrio Pontico per mostrare come la vanagloria possa sedurre e allontanare dall’autentico cammino spirituale, portando infine a una caduta tanto amara quanto inevitabile.

La catechesi di questo mercoledì si è conclusa con un invito alla modestia e all’accettazione delle proprie fragilità, prendendo spunto dall’esperienza di San Paolo, che imparò a valorizzare le proprie debolezze come luogo dell’azione divina. La grazia di Dio, ha ricordato il Papa, si manifesta pienamente nella nostra debolezza, offrendoci la vera libertà da quei vizi che offuscano lo spirito e impediscono di vivere pienamente la nostra vocazione cristiana.

L’Udienza generale del Papa: invidia e vanagloria, ombre dell’anima

Città del Vaticano. Nella giornata odierna, il Pontefice ha offerto ai fedeli una riflessione su due vizi capitali largamente discussi nella tradizione spirituale: l’invidia e la vanagloria, invitando i presenti a un esame di coscienza sulla propria condotta e le proprie aspirazioni.

Partendo dall’invidia, il Papa ha tracciato un percorso che affonda le radici nelle storie bibliche, come quella di Caino e Abele, per illustrare come questo vizio si manifesti sin dalle origini dell’umanità. Il Pontefice ha descritto l’invidia come un sentimento che oscura il cuore e distorce lo sguardo, impedendo di gioire per il successo altrui e, al contrario, alimentando sentimenti di odio e rancore.

Con un linguaggio incisivo, il Papa ha sottolineato come l’invidia nasconda un complicato intreccio di amore e odio verso l’altro, che rappresenta ciò che vorremmo essere ma che, a causa di una visione distorta della realtà e della divinità, percepiamo come ingiusto e irraggiungibile. Ha ricordato che alla base di questo vizio vi è una falsa concezione di Dio e della Sua generosità, che invece invita a una condivisione fraterna dei doni ricevuti, come esortato da San Paolo agli inizi della Chiesa.

Sucessivamente ha analizzato la vanagloria, presentandola come compagna fedele dell’invidia. Questo secondo vizio è stato descritto da Papa Francesco come una ricerca ossessiva di attenzione e riconoscimento, una superbia senza fondamento che conduce a relazioni superficiali e a un’esistenza vuota di empatia e di vera comunione con il prossimo. Il Papa ha citato gli insegnamenti di Evagrio Pontico per mostrare come la vanagloria possa sedurre e allontanare dall’autentico cammino spirituale, portando infine a una caduta tanto amara quanto inevitabile.

La catechesi di questo mercoledì si è conclusa con un invito alla modestia e all’accettazione delle proprie fragilità, prendendo spunto dall’esperienza di San Paolo, che imparò a valorizzare le proprie debolezze come luogo dell’azione divina. La grazia di Dio, ha ricordato il Papa, si manifesta pienamente nella nostra debolezza, offrendoci la vera libertà da quei vizi che offuscano lo spirito e impediscono di vivere pienamente la nostra vocazione cristiana.

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