Azione Francescana

AttualitàNews dalla Provincia

“Questi è il Figlio mio, l’Amato: ascoltatelo!”

Fra Giuseppe Piarulli racconta il Cammino di Santiago di Compostela

Che cos’è il cammino di Santiago? È un itinerario di pellegrinaggio che percorre la Spagna, attraverso una lunga serie di tappe prima di giungere alla tomba di San Giacomo maggiore, uno degli apostoli più vicini a Gesù, da sempre meta di pellegrinaggio. Ci sono diversi punti di partenza e percorsi possibili; tra i più conosciuti c’è proprio il cammino che ho intrapreso dal 4 al 14 agosto insieme a fra Vincenzo Dituri e fra Francesco Maddalena, ossia il “cammino francese”.
Da molto tempo volevo compiere quest’esperienza e quando concretamente qualche giorno prima stavo per partire percepivo che sarebbe stato un percorso faticoso non tanto a livello fisico quanto a livello interiore. Un cammino non lasci mai uguale a prima della partenza, e così lo è stato anche per me.

Questo percorso mi ha permesso di scendere negli abissi piu profondi del mio cuore e ascoltarmi. Il cammino è metafora della vita: seguire le frecce gialle che indicavano la via verso Santiago mi ricorda quanto nella mia vita è importante avere dei punti di riferimento, che mi aiutano ad orientarmi verso il Bene, a mettermi in discussione per poter crescere.
Uno degli episodi vissuti lungo il cammino e che più mi ha segnato è stato quando in una mattina ancora buia, infatti il sole non era ancora spuntato, mi sono trovato difronte a un bivio dove non riuscivo a vedere alcuna freccia. Mi faccio prendere dalla paura di prendere una decisione. Giro la testa e chiedo ad un compagno di cammino dove andare; “Tu cosa faresti?”, è stata la sua risposta. Quella semplice domanda posta alle 5.30 del mattino ha suscitato in me un interrogativo che mi ha accompagnato lungo quella giornata: quante volte di fronte ai bivi della vita mi chiedo: cosa fare? Quale direzione prendere? La mia domanda portava con sé la paura di sbagliare direzione, di perdermi o ancora di trascinare gli altri in una via sbagliata. Tu cosa faresti? Inevitabilmente ho dovuto farmi coraggio e prendere una decisione. Quante volte penso di sapere cosa fare, di conoscermi e poi mettendomi in cammino mi ritrovo a fare i conti con me stesso, con il mio orgoglio e le mie fragilità, la paura di camminare al buio senza riuscire a intravedere una freccia che indichi il cammino.

Se dovessi trovare una Parola che sintetizzi il cammino compiuto, è proprio quella ascoltata la domenica dove si leggeva il passo evangelico della Trasfigurazione di Gesù, durante una celebrazione eucaristica a Villafranca del Bierzo. In quel passo Gesù porta con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e davanti a loro si trasfigura e lì i discepoli ascoltano la voce di Dio Padre: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo”. Lungo il cammino è stata fondamentale per me questa parola che mi ha ricordato l’importanza dell’ascolto: un ascolto che parte da Dio e si alimenta nella relazione personale con Lui; deve radicarsi in me per imparare ad ascoltarmi, per poi aprirsi verso coloro che Lui stesso ha posto lungo il cammino. Un aspetto importante di questo cammino è stato proprio aprirsi all’ascolto dell’altro. Vincenzo, Francesco, Gianfranco, Marco, Razvan, Giuliana, Martino, Cristina, Juan… tanti sono i nomi, i volti, tante le storie, tante le lacrime e le gioie, che ho accolto e che inevitabilmente hanno segnato il mio cammino di Santiago. All’inizio pensavo che ascoltarli fosse un gesto di misericordia nei loro confronti, successivamente mi sono reso conto che in realtà ascoltando loro, ascoltavo me stesso. Non servono risposte preconfezionate da cucire sulle situazioni come toppe, ma serve farsi prossimo nella vita degli altri. L’arte dell’ascolto richiede pazienza, silenzio e delicatezza.

Il cammino di Santiago mi ha permesso di compiere un ritorno all’essenziale, che da molto tempo ricercavo ma che forse per mancanza di coraggio o forse per paura di lasciare la mia comfort zone non ho intrapreso prima. Lasciare le proprie comodità: il proprio letto, la propria routine, ma soprattutto i miei schemi che vivo nel quotidiano e che molto spesso non mi permettono di vivere nella libertà. Quella voce di Dio che chiede di ascoltare suo Figlio l’ho sentita come un incoraggiamento nella vita: Tu sei il mio figlio, l’amato! Ringrazio il Signore e i fratelli per questa esperienza esistenziale che ho vissuto. Auguro a ciascuno di voi, che state leggendo questo articolo, di poter vivere almeno una volta questa esperienza profonda nella vostra vita. Spero di poter rivivere ancora tanti cammini e auguro a me stesso di continuare il cammino della vita con occhi diversi, cosi come ho imparato lungo il cammino di Santiago.

“Questi è il Figlio mio, l’Amato: ascoltatelo!”

Fra Giuseppe Piarulli racconta il Cammino di Santiago di Compostela

Che cos’è il cammino di Santiago? È un itinerario di pellegrinaggio che percorre la Spagna, attraverso una lunga serie di tappe prima di giungere alla tomba di San Giacomo maggiore, uno degli apostoli più vicini a Gesù, da sempre meta di pellegrinaggio. Ci sono diversi punti di partenza e percorsi possibili; tra i più conosciuti c’è proprio il cammino che ho intrapreso dal 4 al 14 agosto insieme a fra Vincenzo Dituri e fra Francesco Maddalena, ossia il “cammino francese”.
Da molto tempo volevo compiere quest’esperienza e quando concretamente qualche giorno prima stavo per partire percepivo che sarebbe stato un percorso faticoso non tanto a livello fisico quanto a livello interiore. Un cammino non lasci mai uguale a prima della partenza, e così lo è stato anche per me.

Questo percorso mi ha permesso di scendere negli abissi piu profondi del mio cuore e ascoltarmi. Il cammino è metafora della vita: seguire le frecce gialle che indicavano la via verso Santiago mi ricorda quanto nella mia vita è importante avere dei punti di riferimento, che mi aiutano ad orientarmi verso il Bene, a mettermi in discussione per poter crescere.
Uno degli episodi vissuti lungo il cammino e che più mi ha segnato è stato quando in una mattina ancora buia, infatti il sole non era ancora spuntato, mi sono trovato difronte a un bivio dove non riuscivo a vedere alcuna freccia. Mi faccio prendere dalla paura di prendere una decisione. Giro la testa e chiedo ad un compagno di cammino dove andare; “Tu cosa faresti?”, è stata la sua risposta. Quella semplice domanda posta alle 5.30 del mattino ha suscitato in me un interrogativo che mi ha accompagnato lungo quella giornata: quante volte di fronte ai bivi della vita mi chiedo: cosa fare? Quale direzione prendere? La mia domanda portava con sé la paura di sbagliare direzione, di perdermi o ancora di trascinare gli altri in una via sbagliata. Tu cosa faresti? Inevitabilmente ho dovuto farmi coraggio e prendere una decisione. Quante volte penso di sapere cosa fare, di conoscermi e poi mettendomi in cammino mi ritrovo a fare i conti con me stesso, con il mio orgoglio e le mie fragilità, la paura di camminare al buio senza riuscire a intravedere una freccia che indichi il cammino.

Se dovessi trovare una Parola che sintetizzi il cammino compiuto, è proprio quella ascoltata la domenica dove si leggeva il passo evangelico della Trasfigurazione di Gesù, durante una celebrazione eucaristica a Villafranca del Bierzo. In quel passo Gesù porta con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e davanti a loro si trasfigura e lì i discepoli ascoltano la voce di Dio Padre: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo”. Lungo il cammino è stata fondamentale per me questa parola che mi ha ricordato l’importanza dell’ascolto: un ascolto che parte da Dio e si alimenta nella relazione personale con Lui; deve radicarsi in me per imparare ad ascoltarmi, per poi aprirsi verso coloro che Lui stesso ha posto lungo il cammino. Un aspetto importante di questo cammino è stato proprio aprirsi all’ascolto dell’altro. Vincenzo, Francesco, Gianfranco, Marco, Razvan, Giuliana, Martino, Cristina, Juan… tanti sono i nomi, i volti, tante le storie, tante le lacrime e le gioie, che ho accolto e che inevitabilmente hanno segnato il mio cammino di Santiago. All’inizio pensavo che ascoltarli fosse un gesto di misericordia nei loro confronti, successivamente mi sono reso conto che in realtà ascoltando loro, ascoltavo me stesso. Non servono risposte preconfezionate da cucire sulle situazioni come toppe, ma serve farsi prossimo nella vita degli altri. L’arte dell’ascolto richiede pazienza, silenzio e delicatezza.

Il cammino di Santiago mi ha permesso di compiere un ritorno all’essenziale, che da molto tempo ricercavo ma che forse per mancanza di coraggio o forse per paura di lasciare la mia comfort zone non ho intrapreso prima. Lasciare le proprie comodità: il proprio letto, la propria routine, ma soprattutto i miei schemi che vivo nel quotidiano e che molto spesso non mi permettono di vivere nella libertà. Quella voce di Dio che chiede di ascoltare suo Figlio l’ho sentita come un incoraggiamento nella vita: Tu sei il mio figlio, l’amato! Ringrazio il Signore e i fratelli per questa esperienza esistenziale che ho vissuto. Auguro a ciascuno di voi, che state leggendo questo articolo, di poter vivere almeno una volta questa esperienza profonda nella vostra vita. Spero di poter rivivere ancora tanti cammini e auguro a me stesso di continuare il cammino della vita con occhi diversi, cosi come ho imparato lungo il cammino di Santiago.

Cerca