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Solennità di San Francesco d’Assisi: “Casti per imparare ad amare”. Lettera del Ministro provinciale a frati

Amati fratelli, gioiamo: la festa del nostro fondatore è ormai alle porte! Celebrare la santità significa darsi la possibilità di verificare il proprio percorso personale con Dio ed eventualmente invocare luce per rettificare aspetti mediocri della propria vita di consacrazione.

            Attraverso questa lettera augurale vorrei riflettere con voi su uno dei tre consigli evangelici emessi nel giorno della nostra Professione solenne: la castità.

La castità testimoniata da Gesù non chiude al rapporto con l’altro sesso, non è fatta di divieti, ma apre ad una profonda e sincera comunicazione tra gli uomini. In sintonia con l’Antico Testamento, Cristo dimostra che la vera purificazione e circoncisione è quella del cuore. Il consacrato sceglie Cristo come l’assoluto della propria esistenza, dal cui amore si sente prima raggiunto e poi completato; per questo la castità non può essere intesa come una timorosa scelta di non-relazionalità o non-sessualità ma piuttosto come una modalità vigorosa per vivere la naturale sessualità a partire dalla relazione principale e immediata con Cristo Sposo e Signore.

Il contesto culturale edonistico, che ha trasformato la sessualità-genitalità in un valore assoluto, non aiuta a vivere l’amore maturo e gratuito in fedeltà alla propria vocazione. Integrare l’affettività e la sessualità significa inserirle in un dinamismo di fedeltà, al fine di centrarsi in Dio ed essere in grado di consegnarsi all’altro in totale gratuità; in tal modo, si giunge a quell’autentico amore generativo che, nella logica del dono di sé, cerca esclusivamente il bene altrui. Tale via, colma di gratitudine e gratuità, impegna non solo a vivere con coerenza, ma anche ad annunciare con generosità e nella gioia.

La castità non è impoverimento dell’amore. Al contrario, è rafforzamento dell’amore, dal momento che non si tratta di comprimere gli affetti, ma di dilatarli a una misura più grande, vale a dire alla dimensione dell’amore di Cristo. Vivere casti significa avere il cuore libero in uno spazio di amore verso Dio e nella dedizione al prossimo; in tal senso, chi risponde a questa chiamata vivendola in maniera genuina diventa un segno di luce per gli altri, una sorgente di calore, e non l’espressione fredda di una intristita rinuncia. Ovviamente, tale scelta non risparmia dalle tentazioni; anzi, spesso le accresce. Persino la tentazione diventa il crogiolo in cui la castità si purifica e rafforza. Senza dubbio, poi, la fraternità diventa un grande aiuto per poter vivere con il cuore puro e casto. È quanto esprime molto bene il decreto Perfectae caritatis al n. 12: “La castità si potrà costruire più sicuramente, se i religiosi nella vita comune sapranno praticare un vero amore fraterno fra loro”.

La castità, inoltre, non è il vuoto creato dalla scelta della verginità per il Regno, ma, al contrario, è lo spazio della «fecondità», là dove l’antica maledizione della non generatività si trasforma in un processo di sapiente «creatività» che riposa sulla fiducia nel Dio amante della vita (cf. Sap 11,26). Secondo un lessico sperimentato e tradizionale, le nozze mistiche con Cristo-Sposo si compiono nella maternità e non inducono ad alcuno sterile ripiegamento su sé stessi. Nella stessa direzione, Francesco d’Assisi sa che solo i sacerdoti, dispensatori dei sacramenti e della Parola di Dio, generano figli alla Chiesa, e tuttavia vuole che anche i suoi frati semplici, quelli che pregano e vivono con purezza di cuore, conducano molti peccatori al Signore. E descrive con tratti eccezionali, il compito materno di ogni uomo che si unisce a Cristo con vincolo sponsale: “Siamo madri, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l’amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri” (2Lf, X: FF 200).

Siamo chiamati alla purezza, fratelli: non lo dimentichiamo mai! La purezza del corpo, però, è conseguenza della purezza del cuore, che di fatto è una predisposizione previa all’unione con Cristo. Essa è un presupposto fondamentale per la preghiera, per celebrare l’incontro con Gesù nell’Eucaristia, per predisporre i cuori all’accoglienza della Sua Parola. Purezza di cuore e preghiera, infatti, sono un binomio inscindibile: da un lato la purezza è una premessa fondamentale per la preghiera; dall’altro la preghiera accresce in quantità e qualità la purezza del cuore. In questa prospettiva, la purezza di cuore è la vera radice e il reale incentivo della castità. Quest’ultima, poi, richiede una vigilanza ferrea per custodire integro il tesoro che Dio ha posto in noi, fragilissimi vasi di creta. Se vissuta coerentemente rappresenta uno straordinario mezzo che ci rende liberi per il Regno dei cieli. Francesco ci mette in guardia: “Tutti i frati, dovunque sono e dovunque vanno, evitino gli sguardi cattivi e la frequentazione delle donne. E nessuno si trattenga in colloqui né cammini solo per la strada né mangi alla mensa in unico piatto con loro. I sacerdoti parlino onestamente con loro quando danno la penitenza o qualche consiglio spirituale. E nessuna donna in maniera assoluta sia ricevuta all’obbedienza da alcun frate, ma una volta datole il consiglio spirituale, essa faccia vita di penitenza dove vorrà” (Rnb XII, 1-4: FF 38). E tale impegno ha un valore maggiore per i frati che sono sacerdoti: “Prego poi nel Signore tutti i miei frati sacerdoti […], che ogniqualvolta vorranno celebrare la messa, puri e con purezza compiano con riverenza il vero sacrificio del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con intenzione santa e monda, non per motivi terreni, né per timore o amore di alcun uomo, come se dovessero piacere agli uomini” (LOrd, 14: FF 218).

La fornicazione è un grave peccato che, secondo la Regola, porta come conseguenza alla privazione dell’abito e all’espulsione dalla fraternità: “Se qualche frate, per istigazione del diavolo, cadesse in fornicazione, deponga del tutto l’abito, che ha già perduto per il suo turpe peccato, e sia espulso totalmente dalla nostra Religione. E dopo faccia penitenza dei suoi peccati” (Rnb XIII: FF 39). Credo che queste parole debbano far riflettere tutti, nessuno escluso!

      È molto singolare quanto espresse Giovanni Paolo II in Vita consecrata, al n. 88, in riferimento al tema della castità. Credo sia opportuno riproporlo, per rimeditarlo ancora: “È necessario che la vita consacrata presenti al mondo di oggi esempi di una castità vissuta da uomini e donne che dimostrano equilibrio, dominio di sé, intraprendenza, maturità psicologica ed affettiva. Grazie a questa testimonianza, viene offerto all’amore umano un sicuro punto di riferimento, che la persona consacrata attinge dalla contemplazione dell’amore trinitario, rivelatoci in Cristo. Proprio perché immersa in questo mistero, essa si sente capace di un amore radicale e universale, che le dà la forza della padronanza di sé e della disciplina necessarie per non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti. La castità consacrata appare così come esperienza di gioia e di libertà”.

            Miei cari fratelli, la vigilanza sia la nostra forza! La castità professata è un impegno non solo personale ma anche fraterno: se un frate dà scandalo sulla non aderenza al voto professato, il danno non si limita né al singolo né all’Ordine, ma diventa un reale danno alla Santa Madre Chiesa e alla sua credibilità missionaria.

            Sforziamoci, dunque, di usare bene i mezzi di comunicazione, nutriamo relazioni sane e costruttive, evitiamo situazioni di rischio, equilibriamo le abitudini di vita tra attività e riposo, accostiamoci con frequenza al sacramento della Riconciliazione, rifuggiamo dalla tentazione di rendere culto al nostro corpo, rafforziamo il contatto con Dio attraverso lo spirito di orazione e devozione, ricerchiamo costantemente i fratelli che il Signore ci ha posto accanto, lasciamoci aiutare da persone sagge e competenti quando ci accorgiamo che la castità non dà più respiro al cuore ma lo incatena in ossessivi desideri carnali.

Buona festa, fratelli: che sia ricca di buoni propositi e di desideri casti. Purifichiamo l’eros in agape, perché l’amore casto professato perduri nel tempo e oltre il tempo, e sia occasione per relazioni sempre più feconde e generative.

Auguri di vero cuore!

Molfetta, 29 settembre 2024, Festa dei Santi Arcangeli

Solennità di San Francesco d’Assisi: “Casti per imparare ad amare”. Lettera del Ministro provinciale a frati

Amati fratelli, gioiamo: la festa del nostro fondatore è ormai alle porte! Celebrare la santità significa darsi la possibilità di verificare il proprio percorso personale con Dio ed eventualmente invocare luce per rettificare aspetti mediocri della propria vita di consacrazione.

            Attraverso questa lettera augurale vorrei riflettere con voi su uno dei tre consigli evangelici emessi nel giorno della nostra Professione solenne: la castità.

La castità testimoniata da Gesù non chiude al rapporto con l’altro sesso, non è fatta di divieti, ma apre ad una profonda e sincera comunicazione tra gli uomini. In sintonia con l’Antico Testamento, Cristo dimostra che la vera purificazione e circoncisione è quella del cuore. Il consacrato sceglie Cristo come l’assoluto della propria esistenza, dal cui amore si sente prima raggiunto e poi completato; per questo la castità non può essere intesa come una timorosa scelta di non-relazionalità o non-sessualità ma piuttosto come una modalità vigorosa per vivere la naturale sessualità a partire dalla relazione principale e immediata con Cristo Sposo e Signore.

Il contesto culturale edonistico, che ha trasformato la sessualità-genitalità in un valore assoluto, non aiuta a vivere l’amore maturo e gratuito in fedeltà alla propria vocazione. Integrare l’affettività e la sessualità significa inserirle in un dinamismo di fedeltà, al fine di centrarsi in Dio ed essere in grado di consegnarsi all’altro in totale gratuità; in tal modo, si giunge a quell’autentico amore generativo che, nella logica del dono di sé, cerca esclusivamente il bene altrui. Tale via, colma di gratitudine e gratuità, impegna non solo a vivere con coerenza, ma anche ad annunciare con generosità e nella gioia.

La castità non è impoverimento dell’amore. Al contrario, è rafforzamento dell’amore, dal momento che non si tratta di comprimere gli affetti, ma di dilatarli a una misura più grande, vale a dire alla dimensione dell’amore di Cristo. Vivere casti significa avere il cuore libero in uno spazio di amore verso Dio e nella dedizione al prossimo; in tal senso, chi risponde a questa chiamata vivendola in maniera genuina diventa un segno di luce per gli altri, una sorgente di calore, e non l’espressione fredda di una intristita rinuncia. Ovviamente, tale scelta non risparmia dalle tentazioni; anzi, spesso le accresce. Persino la tentazione diventa il crogiolo in cui la castità si purifica e rafforza. Senza dubbio, poi, la fraternità diventa un grande aiuto per poter vivere con il cuore puro e casto. È quanto esprime molto bene il decreto Perfectae caritatis al n. 12: “La castità si potrà costruire più sicuramente, se i religiosi nella vita comune sapranno praticare un vero amore fraterno fra loro”.

La castità, inoltre, non è il vuoto creato dalla scelta della verginità per il Regno, ma, al contrario, è lo spazio della «fecondità», là dove l’antica maledizione della non generatività si trasforma in un processo di sapiente «creatività» che riposa sulla fiducia nel Dio amante della vita (cf. Sap 11,26). Secondo un lessico sperimentato e tradizionale, le nozze mistiche con Cristo-Sposo si compiono nella maternità e non inducono ad alcuno sterile ripiegamento su sé stessi. Nella stessa direzione, Francesco d’Assisi sa che solo i sacerdoti, dispensatori dei sacramenti e della Parola di Dio, generano figli alla Chiesa, e tuttavia vuole che anche i suoi frati semplici, quelli che pregano e vivono con purezza di cuore, conducano molti peccatori al Signore. E descrive con tratti eccezionali, il compito materno di ogni uomo che si unisce a Cristo con vincolo sponsale: “Siamo madri, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l’amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri” (2Lf, X: FF 200).

Siamo chiamati alla purezza, fratelli: non lo dimentichiamo mai! La purezza del corpo, però, è conseguenza della purezza del cuore, che di fatto è una predisposizione previa all’unione con Cristo. Essa è un presupposto fondamentale per la preghiera, per celebrare l’incontro con Gesù nell’Eucaristia, per predisporre i cuori all’accoglienza della Sua Parola. Purezza di cuore e preghiera, infatti, sono un binomio inscindibile: da un lato la purezza è una premessa fondamentale per la preghiera; dall’altro la preghiera accresce in quantità e qualità la purezza del cuore. In questa prospettiva, la purezza di cuore è la vera radice e il reale incentivo della castità. Quest’ultima, poi, richiede una vigilanza ferrea per custodire integro il tesoro che Dio ha posto in noi, fragilissimi vasi di creta. Se vissuta coerentemente rappresenta uno straordinario mezzo che ci rende liberi per il Regno dei cieli. Francesco ci mette in guardia: “Tutti i frati, dovunque sono e dovunque vanno, evitino gli sguardi cattivi e la frequentazione delle donne. E nessuno si trattenga in colloqui né cammini solo per la strada né mangi alla mensa in unico piatto con loro. I sacerdoti parlino onestamente con loro quando danno la penitenza o qualche consiglio spirituale. E nessuna donna in maniera assoluta sia ricevuta all’obbedienza da alcun frate, ma una volta datole il consiglio spirituale, essa faccia vita di penitenza dove vorrà” (Rnb XII, 1-4: FF 38). E tale impegno ha un valore maggiore per i frati che sono sacerdoti: “Prego poi nel Signore tutti i miei frati sacerdoti […], che ogniqualvolta vorranno celebrare la messa, puri e con purezza compiano con riverenza il vero sacrificio del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con intenzione santa e monda, non per motivi terreni, né per timore o amore di alcun uomo, come se dovessero piacere agli uomini” (LOrd, 14: FF 218).

La fornicazione è un grave peccato che, secondo la Regola, porta come conseguenza alla privazione dell’abito e all’espulsione dalla fraternità: “Se qualche frate, per istigazione del diavolo, cadesse in fornicazione, deponga del tutto l’abito, che ha già perduto per il suo turpe peccato, e sia espulso totalmente dalla nostra Religione. E dopo faccia penitenza dei suoi peccati” (Rnb XIII: FF 39). Credo che queste parole debbano far riflettere tutti, nessuno escluso!

      È molto singolare quanto espresse Giovanni Paolo II in Vita consecrata, al n. 88, in riferimento al tema della castità. Credo sia opportuno riproporlo, per rimeditarlo ancora: “È necessario che la vita consacrata presenti al mondo di oggi esempi di una castità vissuta da uomini e donne che dimostrano equilibrio, dominio di sé, intraprendenza, maturità psicologica ed affettiva. Grazie a questa testimonianza, viene offerto all’amore umano un sicuro punto di riferimento, che la persona consacrata attinge dalla contemplazione dell’amore trinitario, rivelatoci in Cristo. Proprio perché immersa in questo mistero, essa si sente capace di un amore radicale e universale, che le dà la forza della padronanza di sé e della disciplina necessarie per non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti. La castità consacrata appare così come esperienza di gioia e di libertà”.

            Miei cari fratelli, la vigilanza sia la nostra forza! La castità professata è un impegno non solo personale ma anche fraterno: se un frate dà scandalo sulla non aderenza al voto professato, il danno non si limita né al singolo né all’Ordine, ma diventa un reale danno alla Santa Madre Chiesa e alla sua credibilità missionaria.

            Sforziamoci, dunque, di usare bene i mezzi di comunicazione, nutriamo relazioni sane e costruttive, evitiamo situazioni di rischio, equilibriamo le abitudini di vita tra attività e riposo, accostiamoci con frequenza al sacramento della Riconciliazione, rifuggiamo dalla tentazione di rendere culto al nostro corpo, rafforziamo il contatto con Dio attraverso lo spirito di orazione e devozione, ricerchiamo costantemente i fratelli che il Signore ci ha posto accanto, lasciamoci aiutare da persone sagge e competenti quando ci accorgiamo che la castità non dà più respiro al cuore ma lo incatena in ossessivi desideri carnali.

Buona festa, fratelli: che sia ricca di buoni propositi e di desideri casti. Purifichiamo l’eros in agape, perché l’amore casto professato perduri nel tempo e oltre il tempo, e sia occasione per relazioni sempre più feconde e generative.

Auguri di vero cuore!

Molfetta, 29 settembre 2024, Festa dei Santi Arcangeli

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