Azione Francescana

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Papa Francesco e la sfida digitale: “guardiamoci negli occhi. È lì che scopriamo chi siamo davvero”

Città del Vaticano. Nel videomessaggio per l’intenzione di preghiera di aprile, il Papa invita a un uso umano e solidale della tecnologia. “Il cellulare non prenda il posto delle relazioni vere. Dietro ogni schermo c’è un volto, una persona che respira, ride, piange”. Nell’epoca in cui lo smartphone è diventato una specie di prolungamento della mano e i rapporti passano sempre più spesso attraverso uno schermo, Papa Francesco riporta tutti all’essenziale: “Guardiamoci meno sugli schermi e di più negli occhi”. Un invito semplice, ma che suona come una provocazione nel tempo dell’iperconnessione. E che il Pontefice affida al videomessaggio diffuso in occasione dell’intenzione di preghiera del mese di aprile, registrato prima del suo ricovero al Policlinico Gemelli.

Con il tono diretto e concreto che lo contraddistingue, Francesco ci mette davanti a uno specchio: “Se passiamo più tempo col cellulare che con le persone, qualcosa non va”. Non è un attacco alla tecnologia in sé, ma al modo in cui la usiamo. Perché lo sa bene anche lui – che pure ha visto la Chiesa sbarcare sui social e ha un profilo seguitissimo – che lo smartphone può essere uno strumento potentissimo. “La tecnologia è frutto dell’intelligenza che Dio ci ha donato”, riconosce. Ma, come ogni dono, va usato con sapienza, con umanità.

Tecnologia sì, ma non a discapito dell’uomo

Il Papa punta il dito non sulla tecnologia, ma sul rischio di diventare schiavi di ciò che dovrebbe aiutarci. “Lo schermo – avverte – ci fa dimenticare che dietro ci sono persone reali”. Ed è lì che si annida il pericolo: nei like che sostituiscono gli sguardi, nelle emoji che rimpiazzano gli abbracci, nei messaggi frettolosi che prendono il posto di un caffè insieme. Francesco invita a fare un passo indietro. Non per rifiutare il progresso, ma per restare umani.

Un richiamo alla relazione vera

La preghiera di aprile ha come cuore pulsante proprio questo: chiedere che le tecnologie non ci rubino la capacità di relazionarci, di incontrarci, di volerci bene nella verità del volto e della voce. “Siamo fratelli, sorelle, figli dello stesso Padre”, dice Francesco. E un fratello lo riconosci nel volto, non nello username.

Per questo il Papa chiede di pregare – e agire – affinché il digitale non diventi un rifugio che ci isola. “La tecnologia non può avvantaggiare solo alcuni mentre altri restano esclusi”, sottolinea. E l’elenco di chi rischia di essere lasciato indietro è lungo: i poveri, i malati, le persone diversamente abili, le famiglie fragili, i popoli senza accesso alla rete, i giovani vulnerabili che inciampano nel cyberbullismo o nella solitudine da social.

Un invito concreto: usare bene ciò che abbiamo

“Usiamola per unire, non per dividere”, insiste Francesco. Per costruire ponti, non muri. Per prendersi cura della casa comune, per migliorare la vita di chi soffre, per aprire spazi di dialogo autentico. Non è utopia. È una scelta. E il Papa la chiede con forza, rivolgendosi a ciascuno, credente o no. Il mondo ha bisogno di meno schermi che ci separano e più mani che si tendono.

La rete della preghiera che attraversa il mondo

Il videomessaggio è stato realizzato dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa, diffuso in 23 lingue, in collaborazione con Coronation Media e il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. Come ogni mese, accompagna le intenzioni del Santo Padre e invita alla mobilitazione spirituale. Una preghiera concreta, incarnata, che diventa azione. Anche in vista del prossimo Giubileo, dove pregare per le intenzioni del Papa è una delle condizioni per ricevere l’indulgenza.

Dietro ogni schermo, un volto

Il messaggio è chiaro, diretto, acceso da un’urgenza profonda: tornare all’essenziale, riscoprire la forza degli occhi, delle parole dette a voce, della presenza fisica che consola e sostiene. Il Papa lo sa, lo sente: c’è un vuoto che cresce quando ci si accontenta di relazioni virtuali. C’è una fame di umanità, di contatto, di verità.

Per questo, nel mese di aprile, Francesco ci chiede una cosa semplice ma rivoluzionaria: “Guardiamoci negli occhi. Perché solo così possiamo capire che siamo fratelli. E cominciare a vivere davvero da fratelli”.

Papa Francesco e la sfida digitale: “guardiamoci negli occhi. È lì che scopriamo chi siamo davvero”

Città del Vaticano. Nel videomessaggio per l’intenzione di preghiera di aprile, il Papa invita a un uso umano e solidale della tecnologia. “Il cellulare non prenda il posto delle relazioni vere. Dietro ogni schermo c’è un volto, una persona che respira, ride, piange”. Nell’epoca in cui lo smartphone è diventato una specie di prolungamento della mano e i rapporti passano sempre più spesso attraverso uno schermo, Papa Francesco riporta tutti all’essenziale: “Guardiamoci meno sugli schermi e di più negli occhi”. Un invito semplice, ma che suona come una provocazione nel tempo dell’iperconnessione. E che il Pontefice affida al videomessaggio diffuso in occasione dell’intenzione di preghiera del mese di aprile, registrato prima del suo ricovero al Policlinico Gemelli.

Con il tono diretto e concreto che lo contraddistingue, Francesco ci mette davanti a uno specchio: “Se passiamo più tempo col cellulare che con le persone, qualcosa non va”. Non è un attacco alla tecnologia in sé, ma al modo in cui la usiamo. Perché lo sa bene anche lui – che pure ha visto la Chiesa sbarcare sui social e ha un profilo seguitissimo – che lo smartphone può essere uno strumento potentissimo. “La tecnologia è frutto dell’intelligenza che Dio ci ha donato”, riconosce. Ma, come ogni dono, va usato con sapienza, con umanità.

Tecnologia sì, ma non a discapito dell’uomo

Il Papa punta il dito non sulla tecnologia, ma sul rischio di diventare schiavi di ciò che dovrebbe aiutarci. “Lo schermo – avverte – ci fa dimenticare che dietro ci sono persone reali”. Ed è lì che si annida il pericolo: nei like che sostituiscono gli sguardi, nelle emoji che rimpiazzano gli abbracci, nei messaggi frettolosi che prendono il posto di un caffè insieme. Francesco invita a fare un passo indietro. Non per rifiutare il progresso, ma per restare umani.

Un richiamo alla relazione vera

La preghiera di aprile ha come cuore pulsante proprio questo: chiedere che le tecnologie non ci rubino la capacità di relazionarci, di incontrarci, di volerci bene nella verità del volto e della voce. “Siamo fratelli, sorelle, figli dello stesso Padre”, dice Francesco. E un fratello lo riconosci nel volto, non nello username.

Per questo il Papa chiede di pregare – e agire – affinché il digitale non diventi un rifugio che ci isola. “La tecnologia non può avvantaggiare solo alcuni mentre altri restano esclusi”, sottolinea. E l’elenco di chi rischia di essere lasciato indietro è lungo: i poveri, i malati, le persone diversamente abili, le famiglie fragili, i popoli senza accesso alla rete, i giovani vulnerabili che inciampano nel cyberbullismo o nella solitudine da social.

Un invito concreto: usare bene ciò che abbiamo

“Usiamola per unire, non per dividere”, insiste Francesco. Per costruire ponti, non muri. Per prendersi cura della casa comune, per migliorare la vita di chi soffre, per aprire spazi di dialogo autentico. Non è utopia. È una scelta. E il Papa la chiede con forza, rivolgendosi a ciascuno, credente o no. Il mondo ha bisogno di meno schermi che ci separano e più mani che si tendono.

La rete della preghiera che attraversa il mondo

Il videomessaggio è stato realizzato dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa, diffuso in 23 lingue, in collaborazione con Coronation Media e il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. Come ogni mese, accompagna le intenzioni del Santo Padre e invita alla mobilitazione spirituale. Una preghiera concreta, incarnata, che diventa azione. Anche in vista del prossimo Giubileo, dove pregare per le intenzioni del Papa è una delle condizioni per ricevere l’indulgenza.

Dietro ogni schermo, un volto

Il messaggio è chiaro, diretto, acceso da un’urgenza profonda: tornare all’essenziale, riscoprire la forza degli occhi, delle parole dette a voce, della presenza fisica che consola e sostiene. Il Papa lo sa, lo sente: c’è un vuoto che cresce quando ci si accontenta di relazioni virtuali. C’è una fame di umanità, di contatto, di verità.

Per questo, nel mese di aprile, Francesco ci chiede una cosa semplice ma rivoluzionaria: “Guardiamoci negli occhi. Perché solo così possiamo capire che siamo fratelli. E cominciare a vivere davvero da fratelli”.

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