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Il Ministro generale e il Tempo del creato 2023

In occasione del Tempo del Creato 2023, Radio Vaticana ha intervistato Fr. Massimo Fusarelli, Ministro generale dell’OFM. Ne pubblichiamo un estratto.

Nel suo messaggio il Pontefice invita tutti ad ascoltare l’appello a stare al fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica e a porre fine a questa insensata guerra al Creato.

Io posso vedere veramente la realtà di queste parole del Santo Padre nei miei viaggi per visitare i frati nel mondo; nei diversi continenti noto la realtà pesante di questa ingiustizia ambientale e climatica, che è poi un’ingiustizia umana perché tutti ne pagano le conseguenze. Mi sembra che questa prospettiva “integrale” sia la più innovativa della Laudato Si’, che incontra tanta resistenza a tanti livelli e in vari ambienti, perché non riusciamo a fare questa conversione culturale, che per noi cristiani è anche religiosa, di considerare l’uomo e l’ambiente come facenti parte di questo unico creato voluto da Dio. Allora, l’insensata guerra al creato è una insensata guerra all’uomo e viceversa.  

Il Pontefice ci invita anche a ritornare ad ascoltare la terra, perché ne facciamo parte e non ne siamo i padroni.

Sappiamo che un certo mondo laico ha “accusato” la Bibbia di aver creato questa mentalità, cioè che l’uomo sarebbe il dominatore del creato. Invece noi cristiani abbiamo letto più approfonditamente la Genesi: Dio ci ha chiesto di essere i custodi del creato, custodi di una realtà che non ci appartiene. Come francescano vorrei dire che San Francesco ha scoperto che nulla è nostro, ma tutto è dono di Dio. Mi sembra che questo sia un grande cammino di conversione culturale, mentale e umana che ci aspetta e che dobbiamo fare. 

Come lei diceva, noi siamo i collaboratori della conservazione e dello sviluppo dell’essere e della biodiversità del pianeta e della vita umana in esso presente.

La vita umana e tutte le forme di vita presenti nell’ambiente, nella biodiversità del pianeta, fanno parte di un unico sistema integrale e integrato: se noi ne feriamo una parte, feriamo tutto. Questa veramente è una conversione profonda! Lei ha detto “collaboratori della conservazione”: io direi che noi siamo veramente i protagonisti della custodia del creato. Per noi cristiani questo ha a che fare con l’escatologia, con il fatto che l’ambiente, il creato, non è fine a se stesso, non è chiuso in se stesso, ma è aperto all’ultimo giorno, è aperto al completamento che Dio darà a tutta la creazione. E noi siamo dentro questo grande cammino. Allora per noi cristiani è una conversione anche teologica, oltre che antropologica e ambientale, ma noi la proponiamo al mondo, al di là di ogni fede, come una grande chiave di lettura e di interpretazione della realtà.

“Ascoltare il grido della terra”, cosa significa per lei?

Ascoltare il grido della terra è un’espressione molto bella e ci fa sentire che la terra, il creato, è una realtà, è un vivente, e non è solo qualcosa che noi usiamo; è una realtà vivente con la quale dobbiamo interagire in un rapporto armonico e quindi sentirci parte di questo tutto. Fra giugno e agosto sono stato in 8 stati dell’Africa e ho visto intere zone di agricoltura abbandonate perché ai contadini non conviene più coltivare (questo l’ho trovato anche in qualche paese europeo) perché le condizioni non sono favorevoli, perché si può ottenere lo stesso in altro modo, perché tanto si sa che quei prodotti non saranno poi venduti come si deve. Ascoltare il grido della terra vuol dire anche continuare a custodire e a coltivare la terra e gli esseri viventi che la abitano, perché renda la nostra vita e il nostro passaggio sulla terra più armonico e più umano. Prossimamente sarò in Amazzonia e credo che lì lo vedrò ancora con più forza, ma sono stato in California e anche lì il cambiamento climatico è evidente e sta veramente toccando dal di dentro tipi di presenza dell’essere umano nella nostra realtà. Il Papa lancia questo grido non per una moda, ma perché è realmente urgente e visitando il mondo si vede.

Papa Francesco non si stanca di ripetere che siamo chiamati ad accogliere nuovamente il progetto originario e amorevole di Dio sul creato come una eredità comune da condividere con tutti i fratelli e soprattutto farlo con tanta gioia.

Raccogliere nuovamente il progetto originario e amorevole di Dio sul creato vuol dire che il creato non è venuto dal caso – per noi cristiani, chiaramente – è qualcosa che realmente ci precede. Io mi chiedo sempre come possiamo condividere questa nostra lettura della realtà con chi non ha un riferimento religioso, ma è stupito davanti alla bellezza del creato. Il creato è veramente una occasione di evangelizzazione! Il progetto originario e amorevole di Dio è impresso dentro la creazione come un elemento dinamico, di sviluppo; non è solo qualcosa che si deve eseguire, è qualcosa che deve crescere. Penso che parlare di questo progetto originario come un’eredità comune da condividere con tutti ci mette in questa dimensione: il pensiero cristiano medievale parlava di una potenza di Dio impressa nella creazione e che, per noi francescani, nella nostra riflessione filosofica e teologica, ha preso il volto di Cristo. Questo immenso cantiere del creato, dell’universo, non è solo per se stesso o per alcuni, ma è per tutti. E anche questa è un’altra grande conversione da fare.

Il Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi è la lode più sublime di tutta la creazione divina.

Francesco d’Assisi ha scritto la parte più significativa del Cantico delle Creature quando era cieco, quindi non vedeva più il creato. Allora è una visione interiore che lui ha maturato del creato nella luce della fede. Nella visione teologica e teologica francescana, è Cristo il modello, è lui l’archetipo a cui tutta la creazione guarda, da cui tutta la creazione viene e a cui tutta la creazione ritorna. Allora, veramente danneggiare il creato vuol dire mettere le mani in questo progetto di Dio, vuol dire non voler più riconoscere questa presenza profonda; riduciamo il creato a materia di esplorazione, di sfruttamento e di uso. Siamo padroni, non siamo custodi. Francesco d’Assisi è davanti al creato con l’atteggiamento della lode, del grazie; è, sempre per noi credenti, un atteggiamento eucaristico. Noi non prendiamo la creazione per usarla e basta: innanzitutto, nella logica biblica, benediciamo Dio, che è padre, per i doni della creazione. Li restituiamo a lui, non sono nostri, ci sono dati, ci sono affidati, e noi collaboriamo all’opera di Dio. Chiaramente, tutto quello che sporca, se non addirittura rompe questo grande “specchio” che è il creato, non solo non ci permette di vedere il riflesso di Dio, ma non ci permette di leggere la nostra stessa vita come quel mistero che è e che grida qualcosa di più di una sopravvivenza o integrità biologica, ma anela a un di più che noi chiamiamo anima, spirito, vita eterna. Se noi accettiamo che ci sia questa apertura e non sia invece tutto chiuso su noi stessi, allora possiamo salvare il creato. Ecco, Francesco con la sua lode, ci dice questo.

Il Ministro generale e il Tempo del creato 2023

In occasione del Tempo del Creato 2023, Radio Vaticana ha intervistato Fr. Massimo Fusarelli, Ministro generale dell’OFM. Ne pubblichiamo un estratto.

Nel suo messaggio il Pontefice invita tutti ad ascoltare l’appello a stare al fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica e a porre fine a questa insensata guerra al Creato.

Io posso vedere veramente la realtà di queste parole del Santo Padre nei miei viaggi per visitare i frati nel mondo; nei diversi continenti noto la realtà pesante di questa ingiustizia ambientale e climatica, che è poi un’ingiustizia umana perché tutti ne pagano le conseguenze. Mi sembra che questa prospettiva “integrale” sia la più innovativa della Laudato Si’, che incontra tanta resistenza a tanti livelli e in vari ambienti, perché non riusciamo a fare questa conversione culturale, che per noi cristiani è anche religiosa, di considerare l’uomo e l’ambiente come facenti parte di questo unico creato voluto da Dio. Allora, l’insensata guerra al creato è una insensata guerra all’uomo e viceversa.  

Il Pontefice ci invita anche a ritornare ad ascoltare la terra, perché ne facciamo parte e non ne siamo i padroni.

Sappiamo che un certo mondo laico ha “accusato” la Bibbia di aver creato questa mentalità, cioè che l’uomo sarebbe il dominatore del creato. Invece noi cristiani abbiamo letto più approfonditamente la Genesi: Dio ci ha chiesto di essere i custodi del creato, custodi di una realtà che non ci appartiene. Come francescano vorrei dire che San Francesco ha scoperto che nulla è nostro, ma tutto è dono di Dio. Mi sembra che questo sia un grande cammino di conversione culturale, mentale e umana che ci aspetta e che dobbiamo fare. 

Come lei diceva, noi siamo i collaboratori della conservazione e dello sviluppo dell’essere e della biodiversità del pianeta e della vita umana in esso presente.

La vita umana e tutte le forme di vita presenti nell’ambiente, nella biodiversità del pianeta, fanno parte di un unico sistema integrale e integrato: se noi ne feriamo una parte, feriamo tutto. Questa veramente è una conversione profonda! Lei ha detto “collaboratori della conservazione”: io direi che noi siamo veramente i protagonisti della custodia del creato. Per noi cristiani questo ha a che fare con l’escatologia, con il fatto che l’ambiente, il creato, non è fine a se stesso, non è chiuso in se stesso, ma è aperto all’ultimo giorno, è aperto al completamento che Dio darà a tutta la creazione. E noi siamo dentro questo grande cammino. Allora per noi cristiani è una conversione anche teologica, oltre che antropologica e ambientale, ma noi la proponiamo al mondo, al di là di ogni fede, come una grande chiave di lettura e di interpretazione della realtà.

“Ascoltare il grido della terra”, cosa significa per lei?

Ascoltare il grido della terra è un’espressione molto bella e ci fa sentire che la terra, il creato, è una realtà, è un vivente, e non è solo qualcosa che noi usiamo; è una realtà vivente con la quale dobbiamo interagire in un rapporto armonico e quindi sentirci parte di questo tutto. Fra giugno e agosto sono stato in 8 stati dell’Africa e ho visto intere zone di agricoltura abbandonate perché ai contadini non conviene più coltivare (questo l’ho trovato anche in qualche paese europeo) perché le condizioni non sono favorevoli, perché si può ottenere lo stesso in altro modo, perché tanto si sa che quei prodotti non saranno poi venduti come si deve. Ascoltare il grido della terra vuol dire anche continuare a custodire e a coltivare la terra e gli esseri viventi che la abitano, perché renda la nostra vita e il nostro passaggio sulla terra più armonico e più umano. Prossimamente sarò in Amazzonia e credo che lì lo vedrò ancora con più forza, ma sono stato in California e anche lì il cambiamento climatico è evidente e sta veramente toccando dal di dentro tipi di presenza dell’essere umano nella nostra realtà. Il Papa lancia questo grido non per una moda, ma perché è realmente urgente e visitando il mondo si vede.

Papa Francesco non si stanca di ripetere che siamo chiamati ad accogliere nuovamente il progetto originario e amorevole di Dio sul creato come una eredità comune da condividere con tutti i fratelli e soprattutto farlo con tanta gioia.

Raccogliere nuovamente il progetto originario e amorevole di Dio sul creato vuol dire che il creato non è venuto dal caso – per noi cristiani, chiaramente – è qualcosa che realmente ci precede. Io mi chiedo sempre come possiamo condividere questa nostra lettura della realtà con chi non ha un riferimento religioso, ma è stupito davanti alla bellezza del creato. Il creato è veramente una occasione di evangelizzazione! Il progetto originario e amorevole di Dio è impresso dentro la creazione come un elemento dinamico, di sviluppo; non è solo qualcosa che si deve eseguire, è qualcosa che deve crescere. Penso che parlare di questo progetto originario come un’eredità comune da condividere con tutti ci mette in questa dimensione: il pensiero cristiano medievale parlava di una potenza di Dio impressa nella creazione e che, per noi francescani, nella nostra riflessione filosofica e teologica, ha preso il volto di Cristo. Questo immenso cantiere del creato, dell’universo, non è solo per se stesso o per alcuni, ma è per tutti. E anche questa è un’altra grande conversione da fare.

Il Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi è la lode più sublime di tutta la creazione divina.

Francesco d’Assisi ha scritto la parte più significativa del Cantico delle Creature quando era cieco, quindi non vedeva più il creato. Allora è una visione interiore che lui ha maturato del creato nella luce della fede. Nella visione teologica e teologica francescana, è Cristo il modello, è lui l’archetipo a cui tutta la creazione guarda, da cui tutta la creazione viene e a cui tutta la creazione ritorna. Allora, veramente danneggiare il creato vuol dire mettere le mani in questo progetto di Dio, vuol dire non voler più riconoscere questa presenza profonda; riduciamo il creato a materia di esplorazione, di sfruttamento e di uso. Siamo padroni, non siamo custodi. Francesco d’Assisi è davanti al creato con l’atteggiamento della lode, del grazie; è, sempre per noi credenti, un atteggiamento eucaristico. Noi non prendiamo la creazione per usarla e basta: innanzitutto, nella logica biblica, benediciamo Dio, che è padre, per i doni della creazione. Li restituiamo a lui, non sono nostri, ci sono dati, ci sono affidati, e noi collaboriamo all’opera di Dio. Chiaramente, tutto quello che sporca, se non addirittura rompe questo grande “specchio” che è il creato, non solo non ci permette di vedere il riflesso di Dio, ma non ci permette di leggere la nostra stessa vita come quel mistero che è e che grida qualcosa di più di una sopravvivenza o integrità biologica, ma anela a un di più che noi chiamiamo anima, spirito, vita eterna. Se noi accettiamo che ci sia questa apertura e non sia invece tutto chiuso su noi stessi, allora possiamo salvare il creato. Ecco, Francesco con la sua lode, ci dice questo.

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